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Caso Lo Porto, “Fbi aiutò la famiglia dell’ostaggio Usa a pagare il riscatto”

Nel 2012 l’Fbi avrebbe contribuito a facilitare il pagamento di un riscatto ad al-Qaeda da parte della famiglia dell’ostaggio americano Warren Weinstein, ucciso insieme all’italiano Giovanni Lo Porto, in un fallito tentativo di ottenerne il rilascio. Lo dice il Wall Street Journal.
A cura di Susanna Picone
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italiano rapito in pakistan

Secondo quanto sostiene il Wall Street Journal, nel 2012 l’Fbi contribuì a facilitare il pagamento di un riscatto ad al-Qaeda da parte della famiglia di Warren Weinstein, l’ostaggio americano rimasto ucciso lo scorso gennaio in un raid degli Usa al confine tra Afghanistan e Pakistan insieme al cooperante italiano Giovanni Lo Porto. Secondo il Wall Street Journal, che cita funzionari americani, l’Fbi avrebbe verificato l’attendibilità di un mediatore pakistano che doveva consegnare un riscatto di 250mila dollari ai rapitori di Weinstein. Secondo queste fonti, l’Fbi non autorizzò direttamente il pagamento del riscatto, nel rispetto della politica degli Stati Uniti in casi del genere, ma avrebbe deciso di aiutare la famiglia dell’ostaggio quando capì che questa era determinata a trattare con i rapitori. A questo punto l'Fbi avrebbe esaminato la credibilità del mediatore pachistano e la famiglia di Weinstein avrebbe dunque consegnato il denaro al mediatore. Ma l’ostaggio in ogni caso non fu mai liberato. Come sottolinea il Wall Street Journal, la vicenda di Warren Weinstein mostra come l’Fbi si trovi nella difficile condizione di aiutare le famiglie degli ostaggi attenendosi però alla legge Usa che vieta ogni concessione ai terroristi.

Nessun esame del dna per Lo Porto – Per quanto riguarda l’italiano Lo Porto, secondo quanto emerge dalla relazione che il sottosegretario ai servizi di informazione e sicurezza ha fornito al Copasir, il corpo non è stato rinvenuto dalle forze Usa in Pakistan. Il riconoscimento non è avvenuto dunque tramite l’esame del dna ma attraverso un “incrocio di dati e circostanze durato oltre tre mesi perché basato su numerose fonti”. Di fatto non ci sarebbe stata l'identificazione diretta del cooperante italiano perché nessun agente occidentale avrebbe visto il corpo. I familiari del cooperante ucciso nei giorni scorsi hanno manifestato più volte la sofferenza per il fatto di non poter neanche dare un sepoltura al loro caro.

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