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Opinioni

Caro Landini, per i giovani il sindacato è morto. E Matteo Renzi non ti aiuterà, anzi

I sindacati hanno bisogno di più democrazia, trasparenza, ma soprattutto dei giovani. A questo serve la legge sulla rappresentatività. Ma Renzi e Landini vogliono due cose diverse, e il sindacalista sbaglia a dare la sponda al premier.
A cura di Michele Azzu
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Puoi essere una partita Iva finta che entra in ufficio alle 8 del mattino per uscirne la sera alle 20, senza timbrare il cartellino. Puoi avere un contratto a tempo e dover accettare ogni maledetto compromesso perché ti venga rinnovato fra qualche mese. Oppure, puoi essere stato assunto col nuovo contratto indeterminato ma… la banca ti darà davvero un mutuo?

Non importa chi sei e con che contratto lavori: per i giovani i sindacati sono morti. E Matteo Renzi questo lo ha capito benissimo. Da alcune settimane, infatti, il premier non riesce più a contenere gli annunci: Prima la frase sul “sindacato unico” (suonava un tantino di fascista ma vabbé), poi la proposta di legge per limitare gli scioperi (pure questa mica tanto progressista ma vabbé).

Ora la legge sulla rappresentanza per riformare i sindacati: “Oggi nel sindacato c'è troppa burocrazia e girano più tessere che idee”, ha dichiarato il premier. Renzi picchia duro sui sindacati, e dopo un anno e mezzo di governo in cui, di fatto, li ha messi all’angolo – escludendoli dalle trattative sulla riforma del lavoro Jobs Act, cancellando l’articolo 18, liberalizzando i contratti a tempo – cerca il colpo di grazia.

Non hanno tardato le reazioni dai leader di Cgil, Cisl e Uil, chiaramente contrari. Una sponda al premier, invece, sembra arrivare da Maurizio Landini, leader della Fiom Cgil (i metalmeccanici) che di recente ha fondato il movimento Coalizione Sociale. Lui di rappresentanza sindacale parla da anni, e spesso lo ha fatto con Matteo Renzi. Ma cosa è la rappresentanza? La questione è più ampia. Partiamo dal rapporto dei giovani coi sindacati, su cui possiamo dire due cose:

  1. I giovani non sanno nulla dei sindacati. Chi sono, come funzionano, come ci si iscrive? A cosa servono? E se avrò dei problemi con la mia partita Iva, o col mio contratto a chiamata, col mio determinato di sei mesi – ma ho paura che non mi rinnovino – cosa devo fare, e posso fidarmi?
  2. I sindacati non sanno nulla dei giovani. Dove stanno, cosa fanno, come trovano lavoro? Del resto, con la disoccupazione giovanile al 44% come si fa ad intercettare i giovani d’oggi? E cosa vogliono? Salari più alti? O maggiori tutele? Gli ammortizzatori sociali?

Giovani e sindacati sono due mondi che non si conoscono (dico volutamente sindacati e non sindacalisti). Eppure di sindacati ci sarebbe un bisogno enorme fra i giovani, tra disoccupazione, inattivi, questione meridionale, donne discriminate e nuovi contratti. Le strutture, le professionalità, le capacità e l’influenza politica dei sindacati sarebbero “oro” per una generazione che i diritti sul posto di lavoro non li ha mai conosciuti.

Ma questo sembra lontano dall’accadere. I sindacati sono costituiti principalmente da pensionati e over 50, le strutture e le persone assegnate al Nidil – il comparto precari della Cgil – sono scarse, le partite Iva non esistono proprio. Ma quello dei giovani non è l’unico problema dei sindacati oggi. Gli ultimi anni sono stati segnati da scandali, battaglie perse, lotte intestine (non solo fra Susanna Camusso e Maurizio Landini). Esiste, insomma, un grave problema di fiducia e di reputazione dei sindacati.

Servirebbe più democrazia. E più trasparenza sui conti, sul voto, sulle nomine, sulle decisioni. E soprattutto, servirebbe portare i giovani dentro il sindacato. È qui che si inserisce il dibattito sulla rappresentatività. Che, da un lato, riguarda i giovani come ha spiegato sul palco di Coalizione Sociale l’attivista Claudio Riccio: “Bisogna rompere le solitudini non solo di chi rischia di perdere l'assemblea sindacale, ma anche di chi con la partita Iva che lavora da casa ha bisogno di spazi di discussione collettiva”.

Dall’altro lato, la rappresentatività riguarda una questione tecnica (ma sostanziale) che Landini porta avanti da anni all’interno della Cgil, contro Susanna Camusso, e in particolare dalla firma del Testo Unico Sulla Rappresentanza del gennaio 2014, firmato tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Secondo quell’accordo la “rappresentatività sindacale” si ottiene incrociando il numero degli iscritti coi voti dei rappresentanti sindacali, con una soglia di sbarramento del 5%, e la validità dei contratti è stabilita dall’essere supportati dal 50% più uno delle rappresentanze sindacali.

Se c’è questa maggioranza tutti i sindacati devono rispettare i contratti – dicesi “esigibilità” dell’accordo – o vanno incontro a pesanti sanzioni, sia monetarie che di esclusione dalle attività sindacali. Questa procedura, che ricorda quanto accaduto in Fiat quando Marchionne decise di uscire da Confindustria e di isolare la Fiom nelle fabbriche, va riformata secondo Maurizio Landini in due passaggi: 1) fare votare sugli accordi tutti gli iscritti ai sindacati, 2) permettere anche ai non iscritti di votare.

“Penso a una legge semplice che misuri la reale rappresentanza dei sindacati”, ha spiegato Landini. Di questo parla la sua legge di rappresentatività, di questo avrebbero bisogno i sindacati per potersi riformare, ed è strettamente connesso alla partecipazione dei giovani di cui questo paese ha un bisogno disperato. Ma è di questo che parla Matteo Renzi con la sua proposta sulla rappresentatività?

Io penso di no. A Renzi serve mettere una riforma dei sindacati sul piatto di Bruxelles, che chiede all’Italia maggiori interventi sul lavoro e sui conti. È una rappresentatività, quella del premier, che va di pari passo con la proposta di legge Ichino sui limiti agli scioperi (con la necessità dell’adesione del 50% più uno delle sigle sindacali). È una rappresentanza che punta a dividere ulteriormente le sigle e a far chiudere bottega ai sindacati una volta che il governo approverà il salario minimo, e quindi la fine della contrattazione sindacale.

Insomma, è una rappresentatività quella di Renzi che ha poco a che fare coi giovani, per cui si andrebbe ancora più al ribasso sul lavoro, e poco a che fare con la democrazia, perché verrebbe a mancare una parte sociale fondamentale per i nostri diritti. Caro Landini, il sindacato è morto, ed è vero che la riforma sulla rappresentatività sarebbe essenziale per una maggiore democrazia di chi lavora, per tutelare finalmente i giovani, e infine per permettere ai sindacati di continuare a esistere.

Ma, ti chiedo, sei sicuro che sia questo ciò di cui parla il premier? Sei sicuro che offrirgli una sponda, ancora una volta, non sia un rischio? Sei sicuro di poter piegare al tuo volere gli interessi di Matteo Renzi?

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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