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Caporalato Puglia, donne costrette a lavorare 21 ore al giorno (e pagare 10 euro per farlo)

Ventidue donne venivano fatte lavorare fino a 22 ore al giorno nei campi di Polignano a Mare. Nonostante ciò dovevano pagare ai caporali 10 euro di “contributo per le spese di trasporto”.
A cura di Davide Falcioni
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Dieci ore al giorno di lavoro nei campi; talvolta addirittura 21, cominciando alle 3 del mattino e finendo a mezzanotte inoltrata. Tutto ciò nonostante nel contratto ci fosse scritto chiaramente che l'orario di lavoro non avrebbe dovuto superare le 6 ore e mezzo. Come se non bastasse i 22 braccianti, tutti reclutati per l'azienda agricola di Ostuni 2Erre, erano tenuto a versare 10 euro a giorno come "contributo" per le spese di carburante.

Ancora una volta le cronache riferiscono di casi di caporalato e ancora una volta il teatro dello sfruttamento è la Puglia. In manette è finita Anna Maria Iaia (50 anni, di San Vito dei Normanni), dipendente della 2Erre che secondo l'accusa era a capo di un'autentica associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento. Agli arresti domiciliari sono invece finiti Giuseppe Bello e Anna Errico, rispettivamente autista e madre della presunta caporale. Nel registro degli indagati sono inoltre stati iscritti Anna Vittoria Patera, Francesca Camassa, Luana Passante, Caterina Bagnardi e il titolare della società agricola, Francesco Semerano.

Come è accaduto con il blitz di due giorni fa – che ha fatto finire in manette altre quattro persone – l'ipotesi ipotesi di reato è quella di intermediazione illecita. Identiche le modalità rivelate dai carabinieri in seguito alla denuncia di alcune delle braccianti. "Ci facevano lavorare a oltranza. Qualche volta, quando dovevamo fare più tardi del solito, la signora Iaia Anna Maria ci faceva capire che c'era ancora molto da fare. Dopo avere avvisato telefonicamente i miei familiari, quella sera sono rientrata a casa alle 24. Il giorno successivo, poiché ero stanca e stremata, non sono riuscita a svegliarmi alle 3 per recarmi nuovamente al lavoro", racconta una donna. Allo sfruttamento si aggiungevano anche gli insulti: "Zoccola… puttana, fai veloce che stasera è tardi sennò facciamo notte".

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