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Caporalato a Cosenza: lavoratori pagati in base al colore della pelle, 10 euro in più ai bianchi

I lavoratori “bianchi” – comunque senza regolare contratto – venivano pagati dieci euro al giorno in più degli africani, ospiti di un centro di accoglienza.
A cura di Davide Falcioni
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Due fratelli sono stati posti agli arresti domiciliari dai carabinieri della Compagnia di Paola, in provincia di Cosenza, nell'ambito di un'indagine contro il caporalato. I due italiani sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravati dalla discriminazione razziale. Stando a quanto accertato i due facevano lavorare nella loro azienda agricola – senza regolare contratto e dunque in nero – immigrati africani oltre a romeni e indiani e la retribuzione variava non in base alle mansioni oppure alle ore trascorse nei campi, bensì al colore della pelle.

I "bianchi" venivano pagati 10 euro in più ogni giorno

L'inchiesta, condotta dai carabinieri della stazione di Amantea, ha consentito di accertare che gli immigrati, tutti richiedenti asilo, principalmente provenienti dal Nigeria Gambia, Senegal e Guinea Bissau, venivano quasi quotidianamente prelevati in una strada parallela del centro di accoglienza "Ninfa Marina" e accompagnati a lavorare nell'azienda agricola dei due fratelli arrestati. Gli africani si trovavano a lavorare nelle campagne assieme ad altri lavoratori irregolari provenienti principalmente dalla Romania e dall'India, ma, incredibilmente, la retribuzione variava in base al colore della pelle. Stando a quanto emerso, i "bianchi", infatti, percepivano un salario di 10 euro al giorno più alto degli altri, 35 euro contro 25 a giornata. A tutti veniva richiesto di lavorare ben più di otto ore.

Ai due fratelli-padroni sequestrati beni per due milioni di euro

I provvedimenti restrittivi sono stati disposti dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Paola Maria Grazia Elia su richiesta della Procura della Repubblica nell'ambito di un'inchiesta sullo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza. Ai due fratelli, di 48 e 41 anni, è stata anche sequestrata l'azienda ed altri beni per un valore di quasi due milioni di euro.

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