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Canada, ex infermiera che uccise otto pazienti spiega: “Guidata da dio o forse dal Diavolo”

Elizabeth Wettlaufer ha somministrato sovradosaggi di insulina ad alcuni pazienti ritenuti da lei particolarmente frustranti da gestire. Avrebbe confessato gli omicidi ad amici, a un ex e a un prete, ma nessuno sarebbe intervenuto.
A cura di Redazione
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Elizabeth Wettlaufer
Elizabeth Wettlaufer arresto

"Dio o forse il Diavolo" dicevano a Elizabeth Wettlaufer di uccidere. Nella confessione di due ore rilasciata alla polizia canadese il 5 ottobre 2016 e pubblicata di recente, l'ex infermiera che ha ucciso otto persone in Ontario ripercorre tutti gli omicidi – in tre case di cura e in appartamenti privati – e cerca di dare una spiegazione. La donna ha ucciso tra il 2007 e il 2014 otto pazienti tra i 75 e i 96 anni somministrando sovradosaggi di insulina. Nessuna delle vittime, per ammissione della stessa donna, aveva fatto richiesta di suicidio assistito. "La fine del mio matrimonio, nel 2007 – racconta l'ex infermiera – è stata un punto di svolta nella mia vita. Ho cominciato a sentirmi uno strumento di Dio".

"Sapevo la differenza tra il bene e il male", prosegue Wettlaufer, "ma ho pensato che fosse qualcosa che Dio, o altro, volesse che io facessi". Ma la possibilità che non fosse uno strumento nella mani di dio l'aveva pur valutata, tanto che "stavo cominciando a quel punto di dubitare che fosse Dio" e più volte cerca di smettere. All'origine dell'omicidio non c'era sempre – e forse mai – un mal interpretato senso di pietà, dal momento che la donna sceglieva la vittima anche sulla base della frustrazione procurata dal doversene prendere cura. Ad esempio Maureen Pickering, una donna di 79 anni affetta da demenza, è stata scelta come vittima dall'infermiera per l'aggressività che mostrava nei confronti degli altri pazienti.

L'aveva detto ad altri, ha spiegato la donna. Aveva ammesso gli omicidi ad alcuni amici, a un ex e al pastore per chiedere aiuto, ma nessuno aveva mai allertato le forze dell'ordine: "Forse non mi hanno creduto o forse pensavano che stessi facendo qualcosa in accordo con il paziente". La donna decide così di raccontare gli omicidi al personale dell'ospedale psichiatrico dell'Ontario e solo così è stata "aiutata" a porre fine alla sua scia di omicidi.

Colpa e vergogna sono i sentimenti che la donna ammette di provare. Invitata dal detective a dire qualcosa alle famiglie delle vittime, riflette: "Cosa potrei mai dire di significativo? Mi dispiace non basta. Avrei dovuto cercare di farmi aiutare prima, vi ho tolto qualcosa di prezioso che ve l'ho portato via troppo presto".

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