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Camorra, le accuse di Cutolo: “Se esco e parlo il Parlamento crolla”

Da Parma, dove è detenuto al 41 bis, l’ex boss è stato intervistato da Repubblica: “I miei segreti fanno tremare tutti. Per dignità non mi sono mai venduto ai magistrati”. I politici? “Tutti parolai, l’ultimo che ho stimato è Berlusconi”.
A cura di Biagio Chiariello
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"Io, sepolto vivo in cella. Se esco e parlo, crolla il Parlamento". A parlare è "don Raffaè" oppure "o professore", al secolo Raffaele Cutolo, 74 anni, numero uno di quella che fu la Nuova Camorra Organizzata, detenuto al carcere 41bis a Parma, dove tra l’altro ci sono anche Riina, Bagarella, il "Nero" Massimo Carminati. E Dell'Utri. Nel corso di una intervista (per via indiretta) con Paolo Berizzi di Repubblica, attraverso la moglie Immacolata Iacone e il legale Gaetano Aufiero, Cutolo accusa: “I miei segreti fanno tremare tutti. Chi è al comando oggi è stato messo lì da chi veniva a pregarmi”. L’ex boss si è sempre rifiutato di diventare collaboratore di giustizia come invece hanno fatto molti dei suoi soci. “Per dignità non mi sono mai venduto ai magistrati. Se la sono legata al dito e hanno buttato la chiave. [..] Pago e pagherò fino alla fine. Ma non sono un pericolo. Sarei pericoloso se parlassi, ma non ce l’hanno fatta a farmi diventare un jukebox a gettone: il pentito va a gettone. Parla e guadagna. Un ulteriore oltraggio alla memoria delle vittime”, dice.

"Se esco e parlo crolla il Parlamento"

Se parlasse dunque. Se lo facesse “ballerebbero le scrivanie di mezzo Parlamento" afferma Cutolo nel colloquio a distanza con Repubblica. Ormai in carcere non vede quasi più nessuno. Lo vanno a trovare solo la moglie Immacolata Iacone, la figlia Denise e l'avvocato Gaetano Aufiero. E ha quest’ultimo “ho chiesto di non venire più. Non ho più carichi pendenti, il mio saldo con la giustizia è in pari. E il 41 bis ho smesso di impugnarlo, tanto è inutile" spiega il camorrista. "Non vedo nessuno e nessuno mi vede. Soltanto mia moglie e mia figlia, un'ora ogni due mesi". La figlia,7 anni, è nata con l'inseminazione artificiale, "l'unica concessione che ho avuto dallo Stato".

Nel dialogo con “Repubblica” non mancano le accuse di Cutolo alla politica. “Allo Stato servo così. Pensano sia ancora legato alla camorra. Ma quale camorra?”.

Se lo contendevano negli anni d'oro Cutolo – scrive Berizzi – quando sempre dal carcere, a cavallo tra 70 e 80 guidava il suo esercito di 7 mila affiliati nella guerra sanguinaria (persa) contro la Nuova Famiglia. E anche dopo, nell'81. Mezza Dc gli chiede di far liberare l'assessore regionale napoletano all'edilizia Ciro Cirillo, uomo di Antonio Gava sequestrato dalle Br. Sulla trattativa tra servizi segreti, Cutolo e brigatisti  –  accertata nel '93 da un'ordinanza del giudice istruttore Carlo Alemi  –  l'ex boss ha detto e non detto. "È stata la prima trattativa Stato-mafia. Forse anche la mia vera condanna".

"Berlusconi l'ultimo politico che ho ammirato"

E ricorda i politici del recente passato: È una forma di rispetto essere sempre impeccabili: ho ammirato Andreotti. Testimoniai per lui al processo Pecorelli. Nemmeno un grazie, ci sono rimasto male. Alcuni suoi colleghi mi mandavano gli auguri a Natale. Tutti parolai i politici. L’ultimo che ho stimato è stato Berlusconi”. In cella ha le foto di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, quella di sua madre e una con moglie e figlia. "Ho una telecamera puntata sul gabinetto. Non posso avere in cella più di tre paia di calzini e mutande. Vorrei mi spiegassero il senso". Ed infine dice: "Mi sono pentito davanti a Dio, ma non davanti agli uomini. Cutolo è morto, resuscita per un'ora quando viene sua figlia e gli dà una carezza".

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