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Call center, in manovra stop alle delocalizzazioni selvagge e gare al massimo ribasso

In una norma inserita in legge di bilancio e approvata ieri dalla Camera spuntano delle direttive che mirano a regolamentare il settore dei call center, per evitare il protrarsi di gare al masismo ribasso che finiscono per comprimere stipendi e diritti dei lavoratori e porre un freno alla delocalizzazione selvaggia. Il testo passa ora al Senato per l’approvazione, ma si teme lo stralcio.
A cura di Charlotte Matteini
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Un deciso stop alle delocalizzazioni selvagge dei call center italiani e alle gare al massimo ribasso, che provocano la compressione non solo del mero costo del personale, ma soprattutto di stipendi e diritti dei lavoratori. Inserite in una norma in legge di bilancio, approvata ieri dalla Camera, le nuove direttive mirano a regolamentare un settore che negli ultimi anni sembra aver goduto più di altri di una mancanza di controllo. La richiesta di regolamentazione è stata avanzata dalla commissione Lavoro, sostenuta dal suo presidente Cesare Damiano e dai principali sindacati di categoria. Sebbene la norma sia stata approvata alla Camera, si temono comunque azioni di lobbying che in qualche modo potrebbero snaturare le norme proposte e renderle meno incisive.

L'articolo 35-bis della legge di Bilancio, in particolare, introduce l'obbligo di comunicazione della localizzazione dei call center e prevede che l'eventuale delocalizzazione dell'attività sia comunicata almeno 30 giorni prima del trasferimento al ministero del Lavoro, al Garante della Privacy, all'Ispettorato del lavoro e al Mise. Inoltre, viene stabilita una multa pari a 150.000 euro per omesse o tardive comunicazioni, il divieto di erogazione di incentivi fiscali o contributivi a chi delocalizza le attività in Paesi che non siano membri dell'Unione europea, introduce la possibilità di ricevere il servizio da un operatore collocato nel territorio nazionale o dell'Unione europea, pena una sanzione amministrativa pari a 50.000 euro per ogni giorno di violazione e, infine, stabilisce che gli appalti vengano definito al netto delle spese del personale, quindi stop alle gare al massimo ribasso.

Le norme sono state pensate e inserite in legge di bilancio per porre un argine ad alcune pratiche scorrette molto utilizzate nel settore, soprattutto per quanto riguarda le gare al massimo ribasso che sostanzialmente comprimono salari e diritti dei lavoratori del comparto. L'approvazione dell'emendamento è un buon passo in avanti, ma è ancora presto per cantar vittoria, visto che le associazioni e i sindacati di categoria temono che qualcosa possa accadere in Senato e che il provvedimento venga in qualche modo annacquato e reso dunque debole e inefficace.

"L'emendamento che abbiamo voluto è un po' il compendio della battaglia condotta in questi anni contro le gare a massimo ribasso e contro le delocalizzazioni. Queste scelte, condivise dal ministero dello Sviluppo economico, vanno difese al Senato nel caso ci fosse qualche tentativo di manomissione. Dopo le stabilizzazioni effettuate al tempo del governo Prodi, è nuovamente prevalsa la logica del Far west e per questo motivo è fondamentale che il Senato confermi il risultato. In un secondo momento bisognerà procedere a un'ulteriore iniziativa, al di là della legge di Bilancio, per sconfiggere definitivamente la logica del massimo ribasso con l'offerta economicamente più vantaggiosa. Vorremmo inoltre promuovere una proposta di legge che utilizzando i 30 milioni di euro stanziati da un altro emendamento che finanzia misure di sostegno al reddito per i lavoratori dei call center, facesse diventare questa cifra un innesco per costruire la cassa integrazione per il settore", ha dichiarato il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano spiegando la ratio del provvedimento inserito in legge di bilancio.

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