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Calabria e Sicilia: canali di frontiera ma anche di terrorismo

In queste ore è stato un presentato un report che traccia le regioni più a rischio terroristico in Italia. Non parla della Sicilia e della Calabria in cui, nel corso degli anni, fatti storici hanno dimostrato che potrebbero essere canali di frontiera ma anche di terrorismo ed estremismo.
A cura di Maurizio Zoppi
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Inevitabile dopo gli attentati a Parigi di venerdì notte, l’allarme terrorismo in tutta l’Europa. Anche in Italia il governo ha innalzato le misure di sicurezza in ogni regione dello Stivale. L’Italia è considerata da sempre un Paese ad alto rischio, vista la presenza della Città del Vaticano sul territorio di Roma. L’’istituto Demoskopika nell’Italian Terrorism Infiltration Index 2015 ha tracciato una mappa delle regioni più a rischio potenziale di infiltrazione terroristica. Tre gli indicatori utilizzati: le intercettazioni autorizzate, gli attentati avvenuti in territorio italiano e gli stranieri residenti in Italia provenienti dai paesi con una forte matrice terroristica.

Nell'ultimo decennio sono stati portati a termine poco meno di 100 attentati di matrice terroristica in Italia, oltre 7 mila le intercettazioni autorizzate per indagini di terrorismo interno e internazionale. Due le regioni italiane che, rispetto alle altre realtà territoriali, risultano più esposte al rischio potenziale di infiltrazione terroristica: Lombardia e Lazio. Seguono, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Toscana e Campania.

Al di là di questo report che fa un' ‘attenta' fotografia della situazione in Italia, l'intelligence non sottovaluta possibili infiltrazioni terroristiche attraverso la Calabria e la Sicilia. Questi canali meridionali di frontiera e di migrazioni che potenzialmente possono preoccupare il ministero degli Interni. Alcuni fatti storici allertano gli 007 italiani che puntano gli occhi sulla moschea di Sellia Marina vicino Catanzaro e sulla zona del catanese vicino l’Etna.

Nel 2011 la Digos aveva tratto in arresto tre cittadini marocchini tra i quali l’imam della comunità di Sellia Marina, Mohammed Goruan. I tre, erano accusati di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, per avere scaricato da siti inneggianti alla jihad vari documenti e materiale informatico con le istruzioni sulla preparazione e l’utilizzo di esplosivi e di armi, oltre alle modalità operative per compiere azioni violente ed atti di terrorismo. Gli arrestati avevano anche realizzato un video nel quale erano riportate dettagliatamente le tecniche per diventare un cecchino, per realizzare una cintura esplosiva per azioni kamikaze e come preparare un ordigno per attaccare i mezzi militari dei Paesi occidentali in Iraq. ll processo finì con l'assoluzione e con migliaia di euro di risarcimento da parte dello Stato. Dopo averli tenuti sotto torchio per mesi, la procura di Catanzaro li aveva scagionati, chiedendo al gip di archiviare il caso. “Il terrorismo virtuale non è reato” la scelta dei pm. Qualche mese fa uno dei tre marocchini è stato ucciso in Siria a seguito di un bombardamento.

Situazione analoga in Sicilia. Il 20 aprile 2013 quattro persone venivano arrestate dai carabinieri del Ros nell’ambito dell’operazione “Masrah” che sgominava una cellula del terrorismo islamico. Il campo di addestramento era ai piedi dell’Etna: qui i membri della cellula terroristica di matrice islamica eseguivano esercitazioni di guerra con armi ed esplosivi, in nome della loro fede sovversiva. Il capo è stato arrestato a Bruxelles e si chiama Hosni Hachemi Ben Hassen, ex imam della moschea di Andria. Oltre a lui sono stati arrestate altri tre presunti jihadisti. Il gruppo si autofinanziava con i soldi raccolti da una moschea e da un call center. Come risultato dalle indagini, i membri dell`organizzazione hanno partecipato in passato a diverse azioni criminose, attentati in Afghanistan e Iran. I carabinieri hanno ascoltato, nel corso della attività investigativa, diverse conversazioni tra gli indagati. In un sms uno di questi scriveva: "Nel nome di Dio sono pronto".

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