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“Prima della strage di Capaci quattro progetti di attentato contro Falcone”

Il giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nella strage di Capaci il 23 maggio del 1992, era in cima alla lista dei nemici che Cosa Nostra aveva intenzione di eliminare fin dagli anni Ottanta. A dirlo il pentito Giovanni Brusca.
A cura di Susanna Picone
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Prima della strage di Capaci del 23 maggio 1992 ci furono quattro progetti di attentato da parte di Cosa Nostra a Giovanni Falcone. Il giudice era in cima alla lista dei nemici che Cosa Nostra aveva intenzione di eliminare fin dagli anni Ottanta. A dirlo è stato il pentito Giovanni Brusca durante la sua deposizione al secondo processo per la strage di Capaci. “Era il numero uno” nella lista delle personalità da uccidere, ha spiegato Brusca parlando di Falcone, in collegamento video con l'aula bunker del carcere romano di Rebibbia. Brusca ha anche parlato di una riunione interna alla mafia in occasione delle festività di Natale del 1991: “Non c'era bisogno di fare i nomi” della lista di personalità da uccidere, perché “era sottinteso che Giovanni Falcone era il numero uno e lo sapevano pure i gatti che dovevamo ucciderlo. Io stesso lo seguivo dal 1981 e per me, come per tutti gli altri, era scontato”. La mafia avrebbe voluto uccidere il giudice Falcone già dopo l’attentato eseguito nel 1983 a Palermo contro Rocco Chinnici. “In quell'anno pedinai Falcone e iniziai a studiarne le abitudini – ha raccontato Brusca – ma poi il progetto fu sospeso”. Il pentito ha detto anche che una delle opzioni al vaglio dei boss per l'eliminazione del giudice “era quella di imbottire un ‘vespone' di tritolo da far saltare poi al tribunale al passaggio di Falcone. Poi ho saputo, nell'87, di un progetto per colpire Falcone, era stato preparato un bazooka, mi raccontò Di Maggio, ma l'idea non fu portata a termine”.

Giovanni Falcone in cima alla lista delle persone da uccidere

Dopo la sentenza definitiva sul Maxiprocesso Cosa Nostra aveva messo in piedi due squadre per eseguire l'omicidio di Giovanni Falcone: una a Roma e un'altra a Palermo.  “Per Falcone c'era una squadra che si stava muovendo a Roma e che doveva ucciderlo con armi convenzionali – ha detto il pentito – e una seconda che progettava di uccidere il magistrato a Palermo, con un'autobomba”. In apertura di udienza Brusca ha ricostruito il suo rapporto con Riina, che ha definito “strettissimo, intimassimo”. “Per lui – ha detto Brusca – sono diventato un automa, ero un automa al suo servizio per tutti gli omicidi che ho fatto”. Deponendo davanti la Corte d’Assise di Caltanissetta, Brusca ha detto ancora: “Sulla strage di Capaci  il dominus ero io”. “Riina mi disse che parte dell'esplosivo” per la strage di Capaci “proveniva dai picciotti, cioè dai fratelli Graviano: disse che ne aveva tanto che ‘posso fare la guerra allo Stato’. Quando Riina parlava con me di picciotti, erano loro”, così il pentito in un altro passaggio della deposizione.

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