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Brasile, l’ex presidente Lula condannato a nove anni e sei mesi per corruzione

L’ex presidente brasiliano è stato giudicato colpevole di aver intascato tangenti per la ristrutturazione di un appartamento. Per il momento non andrà in carcere.
A cura di Susanna Picone
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L'ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, è stato condannato in primo grado per corruzione in uno dei processi dell'inchiesta “Lava Jato” – una sorta di “Mani pulite” brasiliana – nei quali era imputato. Lula dovrà scontare una condanna a nove anni e mezzo di reclusione. La sentenza è stata emessa dal giudice Sergio Moro. Lula è stato anche interdetto dai pubblici uffici per 19 anni. L’ex presidente brasiliano è ritenuto colpevole di aver ricevuto tangenti pari a 3,7 milioni reais (poco più di un milione di euro) in parte riciclati nella ristrutturazione di un attico di lusso sul litorale di San Paolo, a Guarujà, per via di tre contratti stipulati tra l'impresa di costruzioni OAS e il colosso statale del petrolio, Petrobras.

Contro la sentenza di primo grado il politico, che si è dichiarato sempre innocente, farà ricorso. Per il momento Lula, che ha settantuno anni e che aveva detto di essere intenzionato a correre per le prossime elezioni presidenziali, non verrà portato in carcere finché la condanna non verrà confermata in appello. Il giudice ha spiegato che la custodia cautelare di un ex presidente provoca traumi, sottolineando quindi la necessità di una certa prudenza. È tra l’altro la prima volta dall'entrata in vigore della Costituzione del 1988 che un ex presidente della Repubblica subisce una condanna penale.

In base alla legge sulla “Ficha Limpa” (Fedina Pulita) Lula sarebbe ineleggibile solo se nel frattempo venisse condannato anche da un organo collegiale. Appare però a questo punto difficile che l’ex presidente possa ripresentarsi per le elezioni. Oltre a questa vicenda, Lula è implicato in altri quattro procedimenti giudiziari nei quali è accusato di vari reati dal traffico di influenze al riciclaggio. Da parte sua si è sempre difeso accusando il giudice Moro e gli altri magistrati di avere dei pregiudizi politici nei suoi confronti.

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