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Bossetti dopo la condanna, il legale: “Un morto vivente”. E lui: “Sono un peso per tutti”

Ore di disperazione per il muratore di Mapello dopo la conferma della condanna all’ergastolo in secondo grado: “Non so più che senso abbia la mia vita” scrive in una lettera dal carcere. Il legale: “È devastato, porteremo il suo caso agli occhi del mondo”
A cura di Biagio Chiariello
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“Profondamente deluso, sconfortato, distrutto", sono parole molto forti quelle che Massimo Bossetti ha scritto in una lettera nel giorno dopo la sentenza d’appello, che gli ha confermato la condanna al carcere a vita per l’omicidio di Yara Gambirasio. “Sono stanco nel farmi capire e non essere per niente capito, né ascoltato per come realmente sono”, al punto da pensare di essere ormai un peso per tutti. E anche gli avvocato del muratore di Mapello spiegano che l’uomo è davvero distrutto e provato da quanto successo. A pubblicarlo uno stralcio della lettera è stato il Corriere della Sera.

“Soffro, vedere attraverso gli occhi di mia moglie, i miei figli, mia mamma, mia sorella, troppa sofferenza ingiusta. Soffro fino al punto di essere ormai un peso per tutti quanti.

Mi chiedo ora che valori abbia ancora la mia vita, se non mi viene concessa nessuna possibilità nel difendermi. Vorrei ripoter credere ancora nella “giustizia”, ma dopo tutto quello che sto vivendo, nella maniera più disumana possibile, ho seri dubbi nel ripensarlo…

Ma non si arrende: "Non demordo e per niente desisto, primo perché oramai la mia innocenza è diventata una ragione di vita e secondo, vivo per l'amore della mia famiglia. Pertanto, non smetterò MAI nel gridare in oltranza la più assoluta sincera verità di sempre: LA MIA INNOCENZA!".

Bossetti ha affidato la lettera al difensore Claudio Salvagni. “Lo seguo – dice il legale all’uscita dal carcere di Bergamo – dai primi giorni dopo l’arresto. Non l’ho mai visto così disperato. Per la condanna, certo, ma soprattutto per la percezione di non avere potuto difendersi. È un uomo devastato, finito, un morto vivente, che s’interroga disperatamente sul perché la sua supplica di una perizia sul Dna non è stata accolta. Si chiede come potrà spiegare ai figli che il padre è stato condannato per la seconda volta. E ogni volta si abbandona a un pianto disperato. Io stesso esco con il cuore spezzato. Spero che le persone che hanno decretato la condanna possano capire e soffrirne per tutta la vita. È una cosa indegna di quella che dovrebbe essere la patria del diritto”.

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