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Opinioni

Bonus 80 euro al mese in busta paga: a chi spetta e come funziona

Il testo del decreto del Governo Renzi chiarisce i punti salienti del bonus di 80 euro al mese in busta paga (e ci sono novità sostanziali).
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Finalmente è stato diffuso il testo del tanto chiacchierato decreto del Governo Renzi che garantirà un bonus di 80 euro al mese in busta paga per gli ultimi 8 mesi del 2014 e per l'intero 2015. Vale però la pena di precisare subito che l'intervento diventerà "strutturale" solo nel 2015, quando dovrebbe entrare nella Legge di Stabilità. Quest'anno invece si è scelto di utilizzare praticamente la formula del bonus in busta paga, al fine di "ridurre nell'immediato la pressione fiscale e contributiva sul lavoro". Lo spiegano con precisione Simone Pellegrino e Alberto Zanardi su LaVoce.info: "La soluzione che si è deciso di applicare è quella di un “bonus” monetario che i lavoratori dipendenti si ritroveranno nelle buste paga a partire da maggio […] Ma in realtà il “bonus” non modifica la struttura dell’Irpef, ed è collegato all’imposta personale unicamente perché il suo ammontare è legato al reddito complessivo a fini Irpef".

A chi spetta il bonus in busta paga di 80 euro – Dopo le indiscrezioni e le tante ipotesi delle ultime settimane, il decreto chiarisce che i beneficiari del bonus saranno i lavoratori dipendenti con redditi fra 8.145 e 24.000 euro annui, con un decalage che arriva fino ai redditi di 26.000 euro: a loro andrà un totale di 640 euro per i prossimi 8 mesi del 2014, mentre il prossimo anno la cifra complessiva sarà di 960 euro, appunto 80 euro mensili. Per quel che riguarda la fascia di incapienza (ovvero i redditi al di sotto degli 8145 euro annuali) il Governo si è riservato di intervenire con un nuovo provvedimento (ricordiamo che si tratta di una platea di circa 3 milioni di persone). Esclusi dal provvedimento anche i pensionati, con le misure sulle pensioni che potrebbero trovare spazio in uno specifico provvedimento. In grafica:

Quanto costa la misura e quali sono le coperture – Per il 2014 il costo stimato è di circa 7 miliardi di euro, cifra che salirebbe a 10 miliardi per il 2015. Le risorse arriveranno per quest'anno dal taglio di 2,1 miliardi alla spesa di Stato, Regioni e Comuni, da tagli ai ministeri per 240 milioni di euro (in questi casi le specifiche delle voci di spesa devono ancora essere comunicate), dall'aumento della tassa sulle rendite finanziarie (con l'esclusione dei titoli di Stato) dal 20 al 26%, dalla revisione della tassazione delle quote della Banca d'Italia, dal taglio agli stipendi dei manager, dall'aumento del gettito Iva con lo sblocco pagamento P.A. (che tecnicamente sarà molto meno consistente del previsto), dalla lotta all'evasione. Per il prossimo anno poi si ipotizza che proprio dalla lotta all'evasione arrivino 15 miliardi di euro, mentre allo stesso tempo si è proceduto all'istituzione di un fondo in cui andranno a confluire i benefici strutturali dei tagli programmati: 2,7 miliardi per il 2015, 4,7 per il 2016, 4,1 per il 2017 e 2 dal 2018 per un risparmio complessivo di 13,6 miliardi di euro. In ogni caso, con buona probabilità il provvedimento dovrebbe subire per il 2015 modifiche sostanziali nella struttura e nelle modalità di attuazione.

Quali sono i dubbi e chi ci rimette – Cominciamo col dire che inizialmente il bonus sembrava dover essere destinato all'intera platea dei redditi sotto i 25mila euro, con la successiva esclusione degli incapienti che forse è stat determinata dall'esiguità delle risorse. Resta comunque esclusa (per il momento) una fascia consistente di popolazione, con evidenti "problemi di iniquità fiscale e di indebolimento degli effetti macroeconomici di rilancio della domanda interna, nella misura in cui sono i lavoratori più poveri quelli ad avere la maggiore propensione al consumo" (sempre da LaVoce). Preoccupa poi evidentemente anche la questione della fascia di redditi fra 24mila e 26mila euro, dal momento che in soli 2mila euro il bonus si riduce a zero (con l'effetto indesiderato dell'aumento delle aliquote marginali effettive, fino al 63% per quest'anno e all'80% per il prossimo, che di fatto disincentiverà gli straordinari).

L'analisi del provvedimento a cura della nostra sezione lavoro (con i dubbi sulle interpretazioni di alcuni passaggi del decreto) la potete infine trovare qui.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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