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Bombe italiane vendute all’Arabia Saudita. Ma il ministro Pinotti non risponde

La ministra Pinotti giustifica la propria visita in Arabia Saudita come semplice cortesia internazionale ma ora anche la Procura di Brescia ha aperto un’indagine sulle armi fabbricate in Sardegna e spedite ai sauditi che continuano a bombardare lo Yemen. E anche la politica si muove: Civati (Possibile) pone otto domande.
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A cura di Giulio Cavalli
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C'è imbarazzo negli uffici del Ministero della Difesa e anche se la ministra Roberta Pinotti ostenta tranquillità (poco credibile, visto la continua minaccia di querele per chi prova a porre domande) la sua recente visita in Arabia Saudita e, soprattuto, i contenuti del suo colloquio con Mohammed bin Salman, vice erede al trono nonché responsabile del dicastero della difesa. «Si è trattata di una semplice visita politico istituzionale – ripetono dal Ministero – e siamo pronti a querelare chi diffonde falsità», ma i conti non tornano.

Già da un anno Amnesty International denuncia l'irregolare fornitura di bombe italiane ai sauditi e nonostante la ministra abbia dichiarato che le armi spedite da Cagliari dalla Rwm di Domusnovas (piccolo comune della provincia del Sud Sardegna) siano "regolari e autorizzate" poiché l'azienda avrebbe sede in Germania. Ciò che è certo è che la legge n. 185 del 1990 vieta espressamente le esportazioni di tutti i materiali militari e loro componenti verso i Paesi in stato di conflitto armato e in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e l'Arabia Saudita (nonostante il silenzio di molta parte dell'informazione) è in guerra aperta con la regione dello Yemen.

Qualche giorno fa anche la Procura di Brescia ha deciso di volerci vedere chiaro aprendo un'indagine per esportazione di armi verso Paesi in guerra. Il Procuratore aggiunto Fabio Salamone avrebbe raccolto documenti che testimonierebbero la produzione di almeno 5.000 ordigni bellici assemblati in Sardegna (la sede italiana della multinazionale tedesca è a Ghedi, in provincia di Brescia) che sarebbero stati destinati alla repressione contro i ribelli sciiti. Sarebbe almeno 6 le spedizioni partite dall'aeroporto di Cagliari. L'intervento militare dell'Arabia Saudita (è bene precisarlo) non è mai stato autorizzato dalla Nazioni Unite; lo stesso segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha condannato i bombardamenti che continuano a coinvolgere civili.

Diverse organizzazioni umanitarie (oltre a Amnesty anche Rete Italiana per il Disarmo e l'Osservatorio sulle armi Opal di Brescia) da giorni annunciano di volere andare a fondo nella questione e si sono rese disponibili per collaborare con la Procura mettendo a disposizione le proprie informazioni. Se fosse successo in qualche altro Paese, dice sottovoce qualcun, saremmo già alla crisi di governo.

Ora, oltre alla magistratura, si muove anche la politica: Stefano Fassina durante la marcia della pace ad Assisi ha chiesto che la Pinotti risponda davanti al Parlamento e anche Possibile ha da giorni depositato un'interrogazione. E proprio oggi Pippo Civati (segretario di Possibile) ha posto otto domande alla ministra, raggiunto telefonicamente non ha usato mezze misure: «È di poche ore fa – ci dice-  la notizia dell’ennesimo massacro di civili in Yemen, ad opera della coalizione guidata dall’Arabia Saudita: un bombardamento durante una celebrazione funebre che ha disseminato pezzi di corpi ovunque. Il caso vuole che la ministra Pinotti fosse esattamente in Arabia Saudita pochi giorni fa, per costruire relazioni con un Paese verso il quale è stato documentata l’esportazione di armi da parte dell’Italia, nonostante la legge 185/1990 vieti espressamente l’export verso paesi in guerra. E’ la legge stessa a chiedere trasparenza e noi non facciamo altro che ribadire tale necessità, perché esportare armi all’Arabia Saudita significa esportare violenza e sangue: il nostro paese ripudia la guerra e non deve rendersi corresponsabile di azioni belliche contrarie al diritto internazionale indirizzate contro civili. La ministra Pinotti – continua Civati – spieghi perciò di cosa parla quando parla di cooperazione con l’Arabia Saudita nell’addestramento militare, e invece di minacciare querele riferisca degli esiti del suo incontro col governo e i vertici militari sauditi: che fosse una visita di cortesia, sinceramente, non lo crede nessuno.»

Forse adesso davvero le minacce di querela non bastano più.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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