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Benvenuti in Italia, il Paese alla rovescia

In un Paese alla rovescia, in cui l’antimafioso si comporta da mafioso, la preda diventa carnefice e la vittima complice, viene voglia di non credere più a nulla. Invece basta solo alzare la testa.
A cura di Giorgio Scura
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Metto una playlist molto varia e mi fermo solo alle canzoni più battute, più dure. Ho bisogno di staccare da questa giornata per cercare di capirla, perché sento che ha molto da dirmi sull'epoca e il luogo in cui vivo. Oggi è stata la giornata del tutto a rovescio, del tutto all'opposto. Dell'uomo che morde il cane, roba in cui i giornalisti come me sguazzano.

È stata la giornata in cui abbiamo ascoltato uno dei simboli della lotta antimafia in Italia parlare come un mafioso. Vendersi come giornalista e come uomo, per una manciata di euro che abbiamo visto contare in pochi secondi. Lo abbiamo sentito parlare da mafioso, gli stessi metodi, lo stesso linguaggio spiccio e volgare, le stesse reazioni. Il giusto diventa lo sbagliato. La mitezza diventa protervia. La passione, ossessione. Io, a Pino Maniaci, ci credevo. Come tanti di voi. Come anche Matteo Renzi che in fondo una chiamata di solidarietà gliela fece quando gli trovarono i due cani impiccati in giardino a Partinico. Non lo sapevamo perché glieli avevano uccisi quei cani, come non sapevamo tante cose. E in un'Italia alla rovescia dobbiamo anche difendere quel Renzi lì, a cui Maniaci dà pure dello stronzo dopo quella chiamata.

È stata la giornata della miss diventata simbolo della lotta contro lo stalking, trasformarsi in stalker a sua volta. La vittima che diventa carnefice. Il bene si trasforma in male, così velocemente da sorprenderci tutti in fuorigioco. Tre anni fa, eravamo tutti con Rosaria Aprea, su quel letto di ospedale con la milza spappolata da un ex fidanzato criminale, Antonio Caliendo. Ammiravamo tutti il suo coraggio, nel denunciare e nel ricominciare. E oggi ce la troviamo alla guida di un'auto con due amiche mentre punta con il cofano un altro ex fidanzato. A tutta velocità. Di colpo dall'altro lato della violenza. Da preda a predatrice. In questa Italia alla rovescia, non si sa più dove stare, se sopra o sotto, se con o se contro.

È stata la giornata del campione di mitezza diventato opinionista da talk-show pomeridiani e di una bambina di 6 anni e mezzo trasformata in oggetto sessuale dal nonno più dolce della tv italiana. Corrado Augias, nell'Italia alla rovescia, da uomo di cultura, custode di valori, equilibrio e saggezza diventa di colpo un Del Debbio qualsiasi, un Salvini a caso, una Santanché che passa per la strada. Augias, guardando una foto della piccola Fortuna Loffredo, una delle tante foto che la tv e i giornali non riescono a non spettacolarizzare, capisce che quella bambina, di 9 anni, stuprata chissà quante volte e gettata dal balcone come un sacco di immondizia, "si atteggiava come una 16enne". Nell'Italia alla rovescia, invece di difenderli, i bambini vittime di una violenza atroce e barbara, li facciamo passare per complici. Non importa se per un istante, per un secondo, o senza volerlo.

È stata, infine, la giornata del cantante neomelodico napoletano che prima brucia l'auto e poi minaccia pesantemente un rapper famoso. Il motivo? Voleva obbligarlo a cantare una canzone con lui. Dalla patria della musica popolare arriva lo sfregio all'arte. A questo ragazzo di 20 anni, Vincenzo Carbone, che in arte si fa chiamare con un nome ancora più brutto, Enzo Di Palma, vorrei dire: ma tu, anche se Clementino avesse ceduto alle minacce e si fosse piegato, ma che canzone pensavi ne potesse uscirne? Nell'Italia alla rovescia la strada del successo si percorre verso il basso. La benzina al posto del sudore, il fiammifero invece del microfono, il fracasso invece della melodia.

Meglio non fidarsi più di nessuno? Meglio non credere più a niente? Meglio buttarsi a capofitto dalla parte sbagliata, che in un Paese capovolto è quella giusta? Essere andati all'estero è servito a confermare che no, non sono gli altri quelli a testa in giù. Il dubbio, che tra il mea culpa e la speranza, prende sempre più piede dentro di me è che quelli storti siamo noi. Che prima o poi, direttamente o indirettamente, volendo o non volendo, questo Paese l'abbiamo capovolto, ma che in fondo basterebbe sollevare il capo per vedere le cose tornare al proprio posto.

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