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Bari, i genitori non approvano la sua omosessualità: 18enne si uccide sotto un treno

Il giovane lo scorso 3 maggio si è gettato sotto un treno, l’ultimo messaggio lo ha rivolto al suo fidanzato: “Cucciolo, perdonami”. La Procura ha aperto un’inchiesta. Sembra che i genitori adottivi, durante un litigio avrebbero gridato al ragazzino il loro pentimento per averlo preso all’orfanotrofio, dopo aver appreso che era gay.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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“Cucciolo. Ti amo. Perdonami. Ti amo”. “Perdonami. Per cosa?”. E’ l’ultima parte dello scambio di messaggi tra Paolo e Giulio (entrambi nomi di fantasia). Poi cala il silenzio. Sono gli istanti prima della mezzanotte di martedì, di lì a poco Paolo si sarebbe gettato sotto un treno. Il 18enne avrebbe deciso di suicidarsi perché i genitori non accettavano la sua omosessualità e la relazione d’amore con un altro giovane. E’ quanto scrive la Gazzetta del Mezzogiorno in merito al dramma avvenuto lo scorso 3 maggio e sul quale ora  indagano la Polizia ferroviaria e la Procura di Bari.  Sembra che già un mese prima di compiere l’insano gesto, Paolo avesse manifestato l’intenzione di farla finta ad alcuni suoi amici. Martedì scorso, ha preso il treno per tornare a casa ma, una volta sceso alla fermata vicino alla sua abitazione, ha imboccato una strada secondaria, per poi lanciarsi sotto un Frecciabianca diretto alla stazione del capoluogo pugliese.

Le ipotesi sui motivi che l’hanno spinto a togliersi la vita sono due: da un lato c’è chi sostiene che fosse diventato vittima di episodi di bullismo, dall’altra c’è chi riferisce che i genitori adottivi non avevano accettato il suo coming out. Già in passato, il 18enne si sarebbe rivolto perfino ai servizi sociali e ai carabinieri per denunciare alcuni episodi di maltrattamento.

La Gazzetta del Mezzogiorno riporta particolari su una vita, quella di Paolo, segnata da una profonda solitudine e da un forte disagio sin dai primi anni.

La vita di Paolo è stata ingenerosa. Suo padre naturale, nel suo Paese d’origine, pare fosse un pericoloso criminale. Così finisce in un orfanotrofio che lascia a 8 anni per seguire una coppia di professionisti baresi, senza figli, che decide di adottarlo. Cresce e, come tutti gli adolescenti, comincia ad avere un rapporto conflittuale con i genitori adottivi. Ci si mette anche una ragazza con la quale il rapporto si chiude dopo 4 anni. Frequenta un prestigioso liceo barese, ma la matematica non è il suo forte. Avrebbe voluto studiare le lingue, grazie alle sue origini è infatti bilingue. Nel frattempo diventa maggiorenne. L’estate scorsa scappa da casa. Un allontanamento volontario per ottenere il cambio di scuola. Alla fine i genitori acconsentono e Paolo viene iscritto in un istituto che ha anche una sezione dove può imparare altre lingue. Grazie a Facebook, ritrova la madre naturale e la sorella: era già in programma un incontro a tre.

Quel disagio Paolo lo avrebbe manifestato ad alcuni suoi amici attraverso dei messaggi e foto, in cui mostrava segni di percosse al viso, e vari file contenenti l'audio delle sue liti con i genitori adottivi. Come riporta La Gazzetta del Mezzogiorno, durante un litigio essi avrebbero gridato al 18enne il loro pentimento per averlo preso all'orfanotrofio: parole che forse sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso per il giovane. I genitori adottivi si dicono convinti che sia stata solo una tragedia,  incidente per distrazione, così come accaduto per Lisa Digrisola, travolta da un treno nei pressi di Milano poiché, indossando le "cuffiette" per la musica, non avevano sentito il suo arrivo. Ma quello scambio tra Paolo e Giulio, quel "Ti amo, perdonami", sembrerebbe confermare l'ipotesi del suicidio.

Arcigay: “Dolore immenso” – “Una notizia terribile, un dolore immenso”, è il commento di Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay. “Il racconto del contesto in cui è maturata la tragica volontà del giovane – ha detto Piazzoni – ci pone interrogativi molto seri. Innanzitutto sulla qualità della vita di un ragazzo di 18 anni come lui, in secondo luogo sulle sue disperate e reiterate richieste d'aiuto, esplicite e inconfondibili, che non sono state sufficienti a garantirgli il sostegno necessario. Siamo tutte e tutti interpellati se un adolescente omosessuale decide di togliersi la vita, perché quella vita difficile gliel'hanno cucita addosso gli altri, lui non c'entra. Lui è solo quello che a un certo punto sceglie di dire basta”. “Contro l'omofobia servirebbe una legge, certo, e ancora non l'abbiamo: giace mal scritta da centinaia di giorni al Senato”, ha continuato Piazzoni sottolineando che “contro l'omofobia, il razzismo, la xenofobia, il sessismo servirebbe anche un impegno diffuso, la responsabilizzazione di tutte e tutti”. “Oltre alle domande resta il dolore: di chi apprende questa storia, ma soprattutto di tutte le persone che hanno voluto bene a quel ragazzo e del compagno che lo ha amato: a  loro ci stringiamo e mandiamo tutto il nostro affetto”, ha detto ancora il segretario dell’Arcigay.

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