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Banca popolare di Vicenza proroga di un giorno l’aumento

Banca popolare di Vicenza deve prorogare di un giorno il periodo di sottoscrizione dell’aumento di capitale da 1,75 miliardi di euro. Il successo dell’operazione è vitale per il sistema italiano, ma non è detto sia nell’interesse dei piccoli azionisti aderire…
A cura di Luca Spoldi
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Aumento di capitale in salita per Banca popolare di Vicenza, che ieri sera ha ufficializzato la decisione di estendere di un ulteriore giorno, sino alle ore 13.00 di domani, venerdì 29 aprile, il periodo di sottoscrizione dei nuovi titoli che, ricordiamo, formalmente potrebbero essere emessi in un range di prezzo a dir poco ampio, tra un minimo (non vincolante) di 0,10 e un massimo (vincolante) di 3 euro per azione. Ufficialmente la proroga è stata concessa per consentire ai soci grandi e piccoli di valutare (ed effettuare) la sottoscrizione dopo un segnalato “incremento” del flusso di sottoscrizioni in arrivo dal retail, ma in pochi a Piazza Affari pensano che questo sia il vero motivo.

Più semplicemente, secondo quanto sussurrano i trader neppure troppo a bassa voce, tra gli investitori istituzionali l’operazione non ha riscosso successo, cosa del resto scontata vista l’ampissima forchetta “indicativa” e il fatto che anche a 0,10 euro per azione BpVi verrebbe valutata 0,38 volte il book value (patrimonio netto) tangibile 2015, più vicino ai multipli di Unicredit (che stasera viene valutata 0,441 volte il suo book value) che non di Mps (0,212 volte) o di Banca Carige(0,247 volte). A puro titolo di paragone, è utile sapere che alle quotazioni attuali Intesa Sanpaolo, considerata la banca italiana più “sana”, è valutata 0,965 volte il book value tangibile.

A questo punto sperare di collocare sul mercato, tra fondi e piccoli azionisti, almeno il 25% del capitale e poter così sbarcare a Piazza Affari diventa un traguardo se non impossibile molto difficile da centrare e la prospettiva che il fondo Atlante, come noto è subentrato nell’impegno originariamente assunto da Unicredit (che con Intesa Sanpaolo, Cassa depositi e prestiti e altri investitori è tra i sottoscrittori di Atlante) di garantire, ossia sottoscrivere in caso di inoptato, fino a 1,5 miliardi degli 1,75 miliardi di aumento, diventi l’azionista di riferimento di BpVi è sempre più concreta.

Una volta porta a termine la ricapitalizzazione, BpVi dovrebbe veder salire il Common equity tier 1 al 12,7%, con circa 550 milioni di euro di “buffer patrimoniale”, ossia di capitale in eccesso, destinato peraltro a salire ulteriormente tramite la cessione di asset “non strategici” come Arca Sgr e PrestiNuova, da cui dovrebbero arrivare altri 150 milioni, mentre l’eventuale beneficio dall’introduzione dei modelli avanzati di assorbimento di capitale è stato quantificato in 125 milioni cui corrisponderebbe anche un impatto positivo di 50 punti base sul Cet1. Infine oltre 300 milioni potrebbero essere recuperare dai prestiti ai soci.

Domanda: se la banca sarà così ben patrimonializzata, perché questa latitanza di investitori pronti a sottoscrivere il titolo a “prezzi di saldo”? Il problema è lo stesso di fin troppe banche italiane: la qualità del credito. Sul totale dei crediti concessi da BpVi le sofferenze lorde pesano il 15,9% e sono coperte per il 56,8%, mentre le sofferenze nette rappresentano il 7,5% dei crediti netti. Quel che è peggio il Texas Ratio (crediti deteriorati netti/book value tangibile) è pari a circa il 211%, ossia per ogni euro di patrimonio netto tangibile nei bilanci di BpVi ci sono oltre 2 euro di crediti che in diversa misura non torneranno mai indietro. C’è qualcuno che sta peggio di BpVi sotto questo profilo?

Certamente, Veneto Banca, ad esempio, vede sofferenze lorde pari al 14% dei crediti totali, sofferenze nette pari al 6,9% dei crediti netti, ma in attesa di aumentare il capitale di 1 miliardo vede il Texas Ratio pari a circa il 225%. Non è tuttavia Veneto Banca la “maglia nera” degli istituti italiani quanto a Texas Ratio: nel caso di Mps, le cui sofferenze lorde rappresentano il 19,8% dei crediti totali e quelle nette l’8,7% dei crediti netti, l’indice è pari ad oltre il 262%, come dire che ci sono oltre 2,6 euro di crediti più o meno marci per ogni euro di patrimonio netto tangibile.

Così è chiaro che per il sistema bancario italiano il successo dell’aumento di BpVi è condizione necessaria per sperare che vadano in porto anche quello di Veneto Banca (per il quale è già previsto un nuovo intervento del fondo Atlante) e Banco Popolare (Texas Ratio: quasi 218%). E poi chissà, un domani potrebbero dover aumentare il capitale anche istituti come appunto Mps o Banca Carige (Texas Ratio: 165% abbondante), piuttosto che Bper (Texas Ratio: 141%) o Ubi Banca (Texas Ratio: quasi 118%).

Meno chiaro è perché un piccolo azionista dovrebbe aderire con slancio, visto che in BpVi, come in quasi tutte le banche italiane, il Cda è rimasto in buona misura lo stesso della precedente gestione, se non come nomi almeno quanto a gruppi di riferimento. Mentre anche i “controllori” (collegi sindacali, Banca d’Italia e Consob nel caso dei gruppi quotati) sono ancora al loro posto pur non essendosi mai accorti delle pratiche di mala gestione che venivano portate aventi sotto i loro occhi.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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