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Banca Etruria, pm aprono fascicolo per bancarotta fraudolenta

Dopo la dichiarazione di insolvenza del Tribunale, la Procura di Arezzo ha avviato le indagini per bancarotta fraudolenta avviando accertamenti sull’operato degli ultimi due consigli di amministrazione.
A cura di Antonio Palma
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Come era stato ampiamente anticipato, i pm della Procura della Repubblica di Arezzo che si stanno occupando del dissesto di Banca Etruria hanno deciso oggi di avviare ufficialmente un'indagine sui vertici dell'istituto di credito con l'ipotesi di accusa di bancarotta fraudolenta. Si tratta del quinto filone di inchiesta sulla banca Toscana ma che riguarda direttamente i manager dell'istituto. I magistrati aretini infatti attendevano solo il via libera del Tribunale fallimentare della stessa città toscana che è arrivato ieri con la dichiarazione dello stato di insolvenza della vecchia Banca Etruria, uno dei quattro istituti salvati dal governo con il decreto salva banche che però di fatto ha azzerato i risparmi di centinaia di incolpevoli obbligazionisti che erano stati convinti ad acquistare le cosiddette obbligazioni subordinate.

Dopo aver aperto il fascicolo, i pm hanno immediatamente incaricato delle indagini gli uomini della Guardia di Finanza che già si sono messi al lavoro. I militari delle Fiamme Gialle in particolare dovranno svolgere accertamenti sull’operato degli ultimi due consigli di amministrazione di banca Etruria, cioè su chi ha governato la Popolare tra il 2013 e il 2015. Tra questi quindi il direttore generale Luca Bronchi, gli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, ma anche i vice Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, cioé il padre del ministro delle Riforme Maria Elena.

Come rivela il Corriere della Sera, le prime verifiche disposte dalla Procura di Arezzo riguardano l’attività svolta dal cosiddetto comitato ristretto della Banca, di cui faceva parte anche Boschi. In particolare gli inquirenti si soffermeranno sul parere negativo all’offerta di banca popolare di Vicenza, sulla concessione di finanziamenti senza garanzia e sugli onerosi incarichi di consulenza. Poi via via i finanzieri scandaglieranno tutte le altre le attività che si sono rivelate dannose portando la banca al fallimento.

Al momento ovviamente non ci sono ancora persone iscritte nel registro degli indagati, ma la Procura, che ha creato un pool di quattro magistrati appositamente per il caso, conta di muoversi rapidamente. Sarà analizzata nei minimi dettagli l'ultima relazione ispettiva della Banca d'Italia in cui sono indicate una serie di spese quando la banca era già in crisi, come una maxi liquidazione per l'ex dg, 17 milioni di euro di consulenze oltre a prestiti elargiti molto facilmente su interessamento dei consiglieri di amministrazione e diventati poi crediti deteriorati.

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