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Attentato San Pietroburgo: 14 morti. C’è il nome del terrorista. “E’ stato un kamikaze”

Un vagone della metropolitana dell’antica capitale degli zar è stato sventrato da un’esplosione. Un secondo ordigno, mascherato da estintore e ben più potente del primo, è stato disinnescato dagli artificieri. Decine i feriti. Ed ora si cerca di capire chi è perché ha agito. Si segue la pista islamista.
A cura di Biagio Chiariello
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Ancora una volta una grande città, ancora una volta uno posto pubblico frequentato ogni giorno da migliaia di persone. Stavolta ad essere colpita è stata la Russia e San Pietroburgo dove un vagone della metropolitana è stato distrutto da un esplosione proprio nel giorno in cui Vladimir Putin era in città per un forum col collega bielorusso Alexander Lukashenko.

Cosa è successo ieri a San Pietroburgo

Il bilancio (provvisorio) è di 14 morti e oltre 40 feriti, sei dei quali gravi. Lo ha riferito il ministero della Salute, citato dalla Tass. Nel pomeriggio di ieri alcuni media locali di San Pietroburgo facevano salire a 14 vittime. Ma il bilancio dell’attentato avrebbe sicuramente potuto essere più grave. L'esplosione, avvenuta fra le stazioni Tekhnologicheskiy Insitut e Sennaya Ploshchad, è stata causata "da un ordigno artigianale probabilmente lasciato su un vagone prima della partenza del convoglio". Ma un’altra bomba è stata rinvenuta in una terza fermata della metro, la Ploshchad Vosstaniya, fortunatamente disinnescato dagli artificieri: si trattava di un ordigno ben più potente – un chilo di tritolo – di quello esploso nel vagone della metropolitana ma di fattura simile, ovvero zeppa di "corpi lesivi" (biglie e chiodi mozzati) utilizzati per massimizzare i danni.

E' stato un kamikaze

Intanto il Comitato Investigativo russo, dopo aver sostenuto ieri che l'attacco non è opera di un attentatore suicida, oggi ha ribaltato la propria posizione affermando che l‘esplosione sarebbe stata causata da un uomo, "i cui resti sono stati rinvenuti nel terzo vagone del treno della linea blu. L'identità dell'attentatore è stata individuata ma al momento non verrà diffusa per ragione investigative". E mentre si diffondeva l’immagine del presunto kamikaze con barba e cappello nero, è venuto fuori anche il nome dell’uomo del secondo ordigno: il 22enne Maxim Arishev, originario del Kazakhstan. Lo riporta il portale di San Pietroburgo Fontanka. Stando a una fonte delle forze dell'ordine, sentita da Interfax, sarebbe "l'unico responsabile" dell'attentato, che prima ha lasciato la bomba (inesplosa) alla stazione di Ploshchad Vosstaniya e poi è salito sul treno della linea blu. Indossava occhiali, una giacca marrone, un cappello blu e portava uno zainetto, quando è salito sul convoglio.

Oggi, però, il portavoce dei servizi di intelligence del Kirghizistan, Rakhat Saulaimanov, ha annunciato che il responsabile dell'attacco potrebbe essere uno suo connazionale: "era il cittadino kirghizo Akbarjon Djalilov, nato nel 1995″, che ha acquisito in seguito la nazionalità russa. Il giovane viveva da circa 6 anni proprio a San Pietroburgo, aveva cambiato diversi passaporti e ne aveva uno valido per l'espatrio. Il suo nome era circolato prima come ricercato (era stata segnalata la sua automobile, una Daewoo Nexia), poi come possibile kamikaze, versione che pare ora avvalorata dagli inquirenti.

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Tutte le piste seguite dagli investigatori

Al momento le piste privilegiate sono due: quella "estremista", dunque di matrice islamica, e quella "nazionalista". "Non è chiaro ancora quali siano le cause, le stiamo vagliando tutte, incluso il terrorismo" ha detto pochi minuti dopo l'esplosione Vladimir Putin. Secondo Pavel Felgenghauer, esperto militare e di sicurezza, l'ipotesi più probabile è quella di un "attentato dell'Isis”, ma per adesso non c’è stata alcuna rivendicazione da parte del Daesh. "Il timore – ha aggiunto – è che ci si trovi di fronte a uno ‘sciame terroristico'". In quel caso le conseguenze politiche potrebbero essere "profonde". "Le autorità – ha concluso Felgenghauer – potrebbero voler sfruttare l'attentato per sopprimere ogni tentativo di manifestazione e ridurre al silenzio i dissidenti".

La seconda bomba doveva essere attivata a distanza con un cellulare

L'ordigno nascosto nell'estintore – quello inesploso e ritrovato dagli inquirenti alla fermata Ploshchad Vosstania – "doveva essere attivato da un telefono cellulare e non da un meccanismo a orologeria". A comunicarlo una fonte vicina alle indagini alla Tass. Circostanza che porta gli inquirenti a "non escludere" che anche la bomba esplosa sul vagone della metro possa essere stata innescata "a distanza" dai complici dell'attentatore, che probabilmente "controllavano i suoi movimenti". Anche per questo le autorità hanno spento temporaneamente la rete delle telecomunicazioni alla fermata della metro Ploshchad Vosstania a San Pietroburgo affinché non fosse possibile attivare la bomba trovata alla stazione con una telefonata.

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