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Articolo 18: cosa ha votato la direzione Pd e come cambierà il mondo del lavoro

Cosa ha deciso la direzione nazionale del Partito Democratico e come cambia (come dovrebbe) il Jobs Act.
A cura di Redazione
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Dopo una discussione lunga e con punte decisamente polemiche (soprattutto negli interventi di Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema), la Direzione Nazionale del Partito Democratico ha sostanzialmente dato il via libera alla "nuova linea" in materia di politiche del lavoro e di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. A tracciarla, come vi abbiamo raccontato, la lunga relazione del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che, se non ha chiarito nello specifico misure, cifre e tempistica, ha fatto capire quale sia la volontà del Governo: eliminare l'articolo 18 tranne che nei casi di licenziamenti discriminatori e disciplinari, universalizzare le tutele per la disoccupazione, estendere alcune tutele anche ai cosiddetti precari, aprire un tavolo di concertazione con i sindacati, impostare una nuova legge sulla rappresentanza e lavorare verso la definizione del "salario minimo".

La "svolta" del segretario ha ottenuto 130 sì, 20 no e 11 astensioni, con l'ordine del giorno approvato che contiene i 4 punti cardine sul quale l'esecutivo imposterà la riforma del lavoro (il passaggio parlamentare sarà il ddl delega sugli ammortizzatori sociali):

1. Una rete più estesa di ammortizzatori sociali rivolta in particolare ai lavoratori precari, con una garanzia del reddito per i disoccupati proporzionale alla loro anzianità contributiva e con chiare regole di condizionalità attraverso un conferimento di risorse aggiuntive a partire dal 2015.

2. Una riduzione delle forme contrattuali, a partire dall’unicum italiano dei co.co.pro., favorendo la centralità del contratto di lavoro a tempo indeterminato con tutele crescenti, nella salvaguardia dei veri rapporti di collaborazione dettati da esigenze dei lavoratori o dalla natura della loro attività professionale.

3. Servizi per l’impiego volti all’interesse nazionale invece che alle consorterie territoriali, integrando operatori pubblici, privati e del terzo settore all’interno di regole chiare e incentivanti per tutti.

4. Una disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca l’incertezza e la discrezionalità di un procedimento giudiziario con la chiarezza di un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità, abolendo la possibilità del reintegro. Il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica della fattispecie.

Nello specifico, per quel che concerne i licenziamenti, Renzi ha spiegato come l'articolo 18 rimarrà solo nei casi di licenziamenti discriminatori e disciplinari (sarà probabilmente sempre il giudice a decidere la sussistenza dei requisiti per il reintegro), mentre per le altre fattispecie sarà previsto solo un indennizzo economico (che crescerà con l'anzianità di servizio). Non è ancora chiaro se la disciplina si applicherà anche ai "vecchi assunti" (l'orientamento della direzione era di senso opposto, ma nel testo non ne viene fatta menzione), né è particolareggiato il discorso sui nuovi contratti.

Ci sarà infatti l'introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, ma non si sa se dopo un certo periodo (3 – 4 anni) il lavoratore acquisterà la piena tutela o sarà sempre passibile di licenziamento, sebbene dietro indennizzo.

Per quel che concerne gli ammortizzatori sociali, invece, il Governo punta ad ampliare le tutele anche ai lavoratori precari, che potrebbero beneficiare di un assegno di disoccupazione (probabilmente in relazione ai contributi versati). Nella prossima legge di stabilità verranno a tal scopo riservati 1,5 miliardi di euro: cifra giudicata insufficiente dalla minoranza democratica.

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