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Arabia Saudita impicca imam sciita, esplode la protesta: Ambasciata in fiamme

Il mondo islamico in fiamme dopo l’esecuzione da parte dell’Arabia Saudita di 47 persone tra cui l’imam sciita Nimr al-Nimr.
A cura di Redazione
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Il Medio Oriente è una polveriera. Lo tensione tra sciiti e sunniti non è mai stata così alta. A scatenare le proteste le 47 esecuzioni capitali ordinate dall'Arabia Saudita, tra i quali una figura religiosa di spicco del mondo sciita l'imam Nimr al-Nimr. La notizia ha fatto subito il giro del mondo islamico scatenando la rabbia e le proteste in Iran,  Iraq, Libano, Yemen e Bahrein. Ad alzare i toni è ancora l'Arabia Saudita che convoca l'ambasciatore di Theran a Riad e definisce l'Iran: "Stato che sostiene i terroristi".

Una mossa che non è piaciuta agli Stati Uniti: "In questo momento le tensioni vanno attenuate non alimentate – ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato USA John Kirby – bisogna permettere che manifestazioni di protesta si svolgano in modo pacifico". e prosegue affermando che bisogna lavorare affinché non si "esacerbino le tensioni settarie nella regione mediorientale".

L'imam Nimr al-Nimr impiccato. L'Arabia Saudita si difende affermando che i 47 impiccati avrebbero compiuto una serie di attentati tra il 2003 e il 2006 sotto l'egida di al-Qaeda mentre alcuni osservatori affermano che le motivazioni siano da ascriversi all'opposizione dei condannati al regime ultraconservatore dell'Arabia Saudita. Tra loro l'imam Nimr al-Nimr uno dei leader della protesta del 2011 nell'est del paese. Una figura carismatica capace di parlare ai giovani – tra i quali avrebbe un nutrito seguito – e guidarli contro il regime di Riad predicando la non violenza. L'imam spingeva gli abitanti a scendere in strada sulla scia di quanto stava accadendo negli altri paesi – la cosiddetta primavera araba – per chiedere maggiori diritti. Arrestato nel 2012 per un episodio mai documentato – secondo quanto affermano i Sauditi avrebbe sparato contro dei poliziotti. L'unica certezza è che quando fu rilasciato sul corpo erano presenti evidenti segni di ferite. Durante la sua detenzione ci furono vari scontri di piazza che portarono alla morte di numerose persone. Il 25 ottobre scorso – dopo la sua condanna per "incitamento alla lotta settaria" – l'est dell'Arabia Saudita è diventato una polveriera. Il paese della penisola ha mostrato i muscoli arrestando il fratello Mohammed e poi il nipote diciassettenne Alì.

L'Arabia Saudita infiamma il Medio Oriente innescando un nuovo violentissimo scontro tra sciiti e sunniti. Tutto comincia con un numero di esecuzioni capitali record – ben 47 – tra cui quella di un noto religioso sciita. Un atto che scatena la rabbia dell'Iran e le proteste delle fazioni sciite in Iraq, Libano, Yemen e Bahrein e in molti altri paesi musulmani. In serata Riad convoca l'ambasciatore di Teheran e parla dell'Iran come "Stato che sostiene i terroristi". Nemmeno un'ora dopo, brucia l'ambasciata saudita a Teheran. Nel pomeriggio, era stata devastata la delegazione di Mashad, sempre in Iran.

La sua morte ha scatenato la reazione dell'islam sciita, il Ministro degli Esteri Iraniano ha affermato: "L'esecuzione di Nimr vi costerà cara" convocando l'ambasciatore saudita a Teheran. L'ayatollah Ahmad Khatami, membro dell'influente Assemblea di esperti della repubblica islamica e tra i religiosi più in vista dell'Iran, ha denunciato la natura criminale della famiglia reale saudita:  "Non ho dubbi che questo sangue puro macchierà la casa dei Saud e li spazzerà via dalle pagine della Storia".

Un moto di protesta che pervade tutto l'islam sciita dagli Houthi dello Yemen e dal Supremo Consiglio islamico sciita del Libano passando per il movimento sciita libanese Hezbollah che ritiene "gli Usa e i suoi alleati responsabili per le esecuzioni" in quanto "coprono i crimini del Regno contro il suo popolo e quelli della regione". " Anche l'Iraq fa la voce grossa contro quanto accaduto dichiarando che: "L'applicazione della condanna a morte del religioso saudita Nimr Baqir al-Nimr incendierà la regione". A gettare acqua sul fuoco è il fratello di al-Nimr – nel braccio della morte e per il quale Amnesty si batte da anni -: ""Nessuno deve avere reazioni al di fuori di una cornice pacifica, basta bagni di sangue". Alì al-Nimr, 21 anni, è in carcere in Arabia Saudita senza che contro di lui siano state presentate prove certe.

Manifestazioni di piazza a Teheran, dove i manifestanti hanno dapprima lanciato molotov contro l'Ambasciata Saudita, poco dopo sono riusciti ad entrare nella sede diplomatica dando fuoco a diverse stanze. Solo l'intervento della polizia e l'arresto di 40 persona ha riportato la situazione alla tranquillità. Il Ministro degli Esteri iraniano – solo dopo gli scontri di piazza – ha esortato a: "Non attaccare l'ambasciata saudita".  Secondo l'agenzia semiufficiale Mehr, la mobilitazione dei manifestanti sarebbe partita da una vasta chiamata sui social network.

L'associazione NessunoTocchiCaino ha diramato una nota di commento sui quanto sta avvenendo in Arabia Saudita: "Con almeno 158 esecuzioni nel 2015, l'Arabia Saudita è il primo Paese-Boia del mondo, se si considera il numero degli abitanti. Le 47 esecuzioni sono "un fatto senza precedenti nella storia del Regno Saudita di per sé già mortifera" e prosegue "è facile prevedere che la ‘guerra al terrorismo' darà un contributo consistente all'escalation della pratica della pena di morte anche nel 2016, soprattutto dopo che l'Arabia Saudita si è posta alla testa della Grande Coalizione anti-Sato Islamico, in nome della quale si sentirà legittimata nel continuare a violare i diritti umani al proprio interno e perseguire e decapitare persone in realtà coinvolte solo nella opposizione pacifica o in attività sgradite al regime". Per Amnesty International, l'Arabia Saudita è tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni nel mondo, secondo solo a Cina e Iran: dal 1985 al 2005 sono state messe a morte oltre 2200 persone. Da gennaio ad agosto 2015, le esecuzioni sono state più di 150. Le condanne sono state eseguite tramite decapitazione.

Anche il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-Moon si è detto "profondamente turbato" dalle esecuzioni capitali in Arabia Saudita e ha invitato "tutti i leader della regione a lavorare per evitare che le tensioni settarie vengano esacerbate".

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