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Antimafia: “La ‘Ndrangheta al nord è più forte di Cosa nostra”

Il procuratore nazionale Roberti in Senato ha evidenziato come la le organizzazioni criminali si siano sempre più spostate dalla Sicilia verso il nord, da Roma alla Lombardia e l’Emilia. Critiche alla Chiesa cattolica pre-Francesco.
A cura di Biagio Chiariello
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Nel nord Italia c'è "il predominio di organizzazioni criminali di origine calabrese a discapito di altre compagini associative, come quella di origine siciliana". E’ uno dei passaggi più importanti della relazione annuale della Dna per il 2014 presentata nella Sala degli atti parlamentari della biblioteca del Senato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e dalla presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi. La ‘ndrangheta – si legge nella relazione -, dopo anni di insediamento in Lombardia, ha acquisito un certo grado di indipendenza rispetto all'organizzazione di origine, con la quale ha continuato comunque ad intrattenere rapporti. I suoi appartenenti dimorando al nord ormai da più generazioni, hanno progressivamente acquisito una piena conoscenza del territorio consolidando rapporti con le comunità locali e privilegiando contatti con rappresentanti della politica e delle istituzioni locali".

L'allarme ormai, oltre che in Lombardia, è in Emilia-Romagna, “a livello che oggi, quella che una volta era orgogliosamente indicata come una regione costituente modello di sana amministrazione ed invidiata per l'elevato livello medio di vita dei suoi abitanti, oggi può ben definirsi ‘Terra di mafia’ nel senso pieno della espressione, essendosi verificato quel triste fenomeno cui si era accennato nella relazione dello scorso anno, quando sì era scritto dì una infiltrazione che ha riguardato, più che il territorio in quanto tale con una occupazione ‘militare’, i cittadini e le loro menti; con un condizionamento, quindi, ancor più grave”.

"Sono convinto che la chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie e che grande responsabilità per i silenzi sia della Chiesa" ha detto ancora Roberti. "Viene ammazzato don Diana, poi don Puglisi: reazioni zero. Siamo dovuti arrivare al 2009 per iniziare a parlarne timidamente. Ora finalmente si è mosso qualcosa con Papa Francesco ma per decenni la Chiesa avrebbe potuto fare ma non ha fatto nulla". "Papa Francesco ne parla apertamente ma sono dovuti passare altri 6 anni per la scomunica dei mafiosi". "A fronte di tanti segni di falsa religiosità, chi doveva coglierli e contrastarli davanti allo stesso popolo non lo ha fatto; preti e vescovi in Calabria, Sicilia e Campania sono stati, salvo rare e nobilissime eccezioni, silenti e hanno perfino ignorato messaggi forti che pur provenivano dall'alto: basti pensare a quelli di Giovanni Paolo II ad Agrigento e di Benedetto XVI a Palermo" si legge ancora nella relazione 2014.

Il rapporto tratta poi dell"indagine su Mafia Capitale. "Ha messo in evidenza uno spaccato delle istituzioni romane davvero sconfortante e preoccupante -scrive la Dna -. L'organizzazione capeggiata da Carminati oltre alle condotte tipicamente criminali dell'usura e delle estorsioni, ha realizzato una sistematica infiltrazione del tessuto imprenditoriale attraverso l'elargizione di favori, e delle istituzioni locali attraverso un diffuso sistema corruttivo. Si tratta di un'organizzazione mafiosa, del tutto peculiare". In Italia, ha spiegato Roberti, la corruzione "non è stata efficacemente contrastata perché mai considerata un reato grave, è stata tacitamente accettata e la mafia se ne è servita. Dobbiamo considerare la corruzione un gravissimo reato contro l'economia perché altera gli equilibri di mercato e i tanti imprenditori che vogliono vivere nella legalità". La lotta alla corruzione "è anche lotta alla mafia e noi paghiamo il prezzo di un sistema che si è rilassato", ha osservato Bindi.

"Stiamo elaborando nuove linee guida per potere efficacemente contrastare i fenomeni migratori che costituiscono un serbatoio per il terrorismo internazionale" ha detto Roberti. "A seguito dei fatti di Lampedusa ci siamo occupati del contrasto al traffico di migranti. La tratta di esseri umani probabilmente finanzia il terrorismo internazionale. Così – commenta Roberti – abbiamo messo attorno ad un tavolo tutte le procure distrettuali interessate dal fenomeno e le forze dell'ordine. Da allora vi è stato un rapporto privilegiato con Paesi interessati, in particolare l'Egitto e si sta lavorando in tal senso".  –

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