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Dall’antica Pompei a oggi com’è cambiata l’abitudine di andare al ristorante

Nelle locande dell’antica Pompei ci si andava per pranzare a base di ricci, ghiri, giraffe. Mentre nella Parigi del ‘700 era soprattutto il luogo dell’ascesa borghese e femminile. Come e dove è nato il ristorante moderno? E soprattutto: come è cambiata la sua fruizione nelle nostre abitudini?
A cura di Laura Di Fiore
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Evadere dalla routine quotidiana. Concedersi il piacere di pietanze particolari. Godersi la compagnia di amici o parlare di questioni di lavoro. Tutte buone ragioni per andare a pranzo o a cena al ristorante. Ma quando nasce il ristorante e, più in generale, la pratica culturale di mangiare fuori casa? I ristoranti in senso “moderno” fanno la loro apparizione nella Parigi del ‘700. In realtà, già in alcune società antiche esistevano dei luoghi molto simili a quelli che definiamo ristoranti, ad esempio nella Cina dei Song e nell’Impero romano.

Nei primi ‘ristoranti' di Pompei si mangiava la giraffa

I resti di Pompei dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. annoverano almeno 46 edifici in cui il cibo, oltre a essere preparato e venduto come nei vari negozi, veniva anche consumato. Si trattava di luoghi composti di tre o quattro stanze in cui, agli ospiti distesi, venivano serviti cibi locali – come pesce fresco, lenticchie, pollo – ma anche pietanze esotiche e di complessa preparazione, come ad esempio ricci di mare, ghiri e, in qualche caso, perfino la giraffa. I più sontuosi banchetti, tuttavia, si tenevano comunque nelle splendide ville private.

Il ristorante moderno: brodini per gli ammalati

Naturalmente nell’Europa della prima età moderna esistevano locande e taverne, ma erano destinate perlopiù ai viaggiatori, ovvero a coloro che, trovandosi lontano dalla propria casa, avevano la necessità di procurarsi un pasto. I ristoranti moderni nacquero invece come luoghi in cui ci si recava per scelta. Al loro apparire, in verità, essi venivano frequentati da una clientela alquanto ristretta, composta da persone di salute cagionevole a cui venivano serviti – con un benefico effetto di restauration, da cui il nome – brodo e zuppe, cibi sì austeri, ma costosi e faticosi da preparare.

Ben presto i ristoranti ampliarono l’offerta dei loro piatti e ciò fece sì che riuscissero ad attirare una clientela molto più varia e numerosa. Il successo dei ristoranti, ascrivibile già all’Ottocento, fu legato in particolar modo all’emergere dell’alta e media borghesia, una classe sociale che poteva disporre di ingenti somme di denaro ma non degli ampi e sontuosi spazi in cui gli aristocratici allestivano cene e banchetti per i loro ospiti. Si diffuse così una nuova cultura della commensalità e del mangiar fuori, diversa dai pic-nic o dalla partecipazione alle feste religiose, che fin lì avevano costituito le uniche occasioni per consumare pasti fuori casa.

L'invenzione dei tavoli separati

Ma che com’erano organizzati i ristoranti? Innanzitutto, essi prevedevano tavoli separati. Ciò consentiva di ricreare un banchetto privato che si svolgeva però in un contesto pubblico, conciliando un modello di sociabilità più tradizionale, quale quello della cena domestica, con la nuova dimensione pubblica dei piaceri della vita cittadina.

La stessa architettura del ristorante ricalcava in effetti il modello domestico borghese, con la separazione dei luoghi in cui il cibo veniva preparato e consumato. Essa prevedeva inoltre spazi diversi, dalla sala del caffè a quella in cui si fumava, dai cabinets particulieres – dotati di ingressi separati per incontri amorosi clandestini o comunque riservati – alla sala per sole donne, quantomeno nei ristoranti inglesi.

Perché al ristorante ordinano sempre gli uomini?

Le donne borghesi trovarono nei ristoranti uno dei luoghi della loro presenza sulla scena pubblica. Nondimeno, ordinare era un affare da uomini. Scrutare i nuovi menù stampati e scegliere vino e pietanze rientrava infatti nella performance dello spettacolo che andava in scena, in cui gli attori avevano la possibilità di mostrare buon gusto e conoscenze sofisticate, insomma di esibire il proprio capitale sociale e culturale. Il ristorante fu principalmente un palcoscenico per la reputazione borghese, di fronte al pubblico tanto dei commensali quanto dei vicini di tavolo.

In ogni caso, mangiare al ristorante si profilò rapidamente come una vera e propria esperienza per i suoi avventori, come mostra l’"Almanach des Gourmands", la prima guida ai ristoranti francesi che, già agli inizi dell’Ottocento, era destinata non ai turisti, ma agli abitanti della città, ed esprimeva il punto di vista di un consumatore avvertito, alla ricerca del gusto e del piacere. Non è difficile riconoscere il modello di ristorante (e di guida) che, con varie trasformazioni, abbiamo ereditato.

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Nata nel 1979, vivo a Napoli e ho due gemelli. Sono ricercatrice in storia, (al momento) a Bologna, e ho pubblicato due monografie: Alla frontiera. Confini e documenti di identità nel Mezzogiorno continentale preunitario (Rubbettino 2013) e L’Islam e l’impero. Il Medio Oriente di Toynbee all’indomani della Grande guerra (Viella 2015).
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