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Alla Scala di Milano si festeggia Wolfgang Amadeus Mozart con “Le nozze di Figaro”

In occasione del 225° anniversario della scomparsa di Wolfgang Amadeus Mozart va in scena al Piermarini una nuovissima produzione de “Le nozze di Figaro” dal 26 ottobre al 27 novembre.
A cura di Massimiliano Craus
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"Le nozze di Figaro" al Teatro Alla Scala
"Le nozze di Figaro" al Teatro Alla Scala

Nel 225° anniversario della morte di Wolfgang Amadeus Mozart il Teatro Alla Scala presenta una nuova produzione de "Le nozze di Figaro" affidandosi a uno straordinario regista poco più che trentenne: Frederic Wake-Walker, autore di una produzione de "La finta giardiniera" che è stata la rivelazione del Festival di Glyndebourne nel 2014. Le scene sono firmate da Antony McDonald mentre la parte musicale è affidata a uno dei grandi direttori mozartiani del nostro tempo, Franz Welser-Moest, che è per la prima volta ospite di una importante nuova produzione al Teatro Alla Scala. Le luci di Fabiana Piccioli avranno infine l'arduo compito di riaccendere quelle storiche della prima rappresentazione assoluta del titolo al BurgTheater di Vienna del primo maggio 1786 sul celeberrimo libretto di Lorenzo da Ponte. Nelle parti principali di questa "giornata folle" mozartiana cantano Diana Damrau (contessa), Marianne Crebassa (Cherubino), Golda Schultz (Susanna) e Markus Werba (Figaro) mentre nella parte del Conte si alternano Carlos Álvarez e Simon Keenlyside. La fortuna di questa nuova produzione scaligera è infine consolidata a più riprese dalla trasmissione in diretta radiofonica sulle frequenze di Rai Radio 3 della prima rappresentazione di mercoledì 26 ottobre, di quella televisiva in onda su Rai 5 della replica di mercoledì 2 novembre e della diretta cinematografica di cui suggeriamo la visita al sito www.all-opera.com per avere maggiori informazioni su date, orari e cinema aderenti all'iniziativa.

Com'è nato il libretto dell'opera buffa in quattro atti su Figaro di Mozart e Lorenzo Da Ponte

Il direttore mozartiano Franz Welser-Möst
Il direttore mozartiano Franz Welser-Möst

Il compositore si era gettato a capofitto alla ricerca di un nuovo soggetto che facesse al caso suo, non a caso scriveva al padre di aver letto invano un centinaio di libretti. Ad attirare Wolfgang Amadeus Mozart verso la commedia di Beaumarchais fu certo la forza vitalistico-libertaria ma anche, e forse ancor più, la vis ludico-parodica che da essa si sprigiona quasi incontenibile. Il meccanismo della folle journée di Figaro segue un movimento inarrestabile pieno di travestimenti, colpi di scena e false piste abile a smontare e rimontare congegni librettistici per lo più usuali. La commedia di Beaumarchais sfrutta dunque tutta una serie di temi, situazioni e personaggi già codificati se non addirittura inflazionati sulle scene d'Europa e Russia. In verità andrebbe aggiunto anche il senso di sfida implicito nella scelta mozartiana. Come emerge nella prefazione del libretto pubblicato per la prima rappresentazione, Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo Da Ponte erano perfettamente consapevoli di offrire al pubblico un nuovo genere di spettacolo, ovvero di creare una nuova forma operistica in cui il dinamismo scenico di Beaumarchais sarebbe stato tradotto in termini musicali secondo modalità inedite ma griffabili dal solo compositore di Salisburgo. Basti pensare al tipico “finale a catena” dell’opera buffa italiana riformulato da Mozart e portato ai massimi livelli di spettacolarità. La sfida venne tuttavia lanciata all'intero modello dell’opera buffa italiana, incarnata allora soprattutto da Giovanni Paisiello, autore di un fortunatissimo "Barbiere di Siviglia" composto per il Teatro di San Pietroburgo nel 1782 e rappresentato a Vienna l’anno successivo. È evidente dunque che scegliendo "Le nozze di Figaro" l'austriaco Mozart volle misurarsi col collega italiano e con il genere made in Italy dell’opera buffa dando vita inevitabilmente ad un nuovo genere di spettacolo che scosse il teatro musicale di fine Settecento.

Il Poeta di questo libretto ci tenne però a precisare che 

il tempo prescritto dall’uso alle drammatiche rappresentazioni, un certo dato numero di personaggi comunemente praticato nelle medesime ed alcune altre prudenti viste e convenienze, dovute ai costumi, al loco e agli spettatori, furono le cagioni per cui non ho fatto una traduzione di questa eccellente commedia, ma una imitazione, piuttosto, o vogliamo dire un estratto. Per questo sono costretto a ridurre a undici attori i sedici che la compongono, due de’ quali si possono eseguire da uno stesso soggetto, e ad omettere oltre un intiero atto di quella, molte graziosissime scene e molti bei motti e saletti ond’è sparsa; in loco di che ho dovuto sostituire canzonette, arie, cori ed altri pensieri e parole di musica suscettibili: cose che dalla sola poesia, e non mai dalla prosa si somministrano. Ad onta, però, di tutto lo studio e di tutta la diligenza e cura avuta dal maestro di Cappella e da me per esser brevi, l’opera non sarà delle più corte che si sieno esposte sul nostro teatro; al che speriamo che basti di scusa la varietà delle fila onde è tessuta l’azione di questo dramma, la vastità e grandezza del medesimo, la moltiplicità de’ pezzi musicali che si son dovuti fare per non tener di soverchio oziosi gli attori, per scemare la noia e monotonia dei lunghi recitativi, per esprimere a tratto a tratto con diversi colori le diverse passioni che vi campeggiano, e il desiderio nostro, particolarmente, di offrire un quasi nuovo genere di spettacolo ad un pubblico di gusto sì raffinato e di sì giudizioso intendimento.

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