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Adolescente subisce aborto spontaneo dopo stupro: condannata a 30 anni per omicidio

La condanna della 18enne Evelyn Hernandez Cruz a El Salvador ha scatenato dure proteste e l’intervento delle associazioni per i diritti umani fra cui Amnesty International.
A cura di A. P.
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Stuprata da sconosciuti, rimasta incinta e infine vittima di un aborto spontaneo, ma per la legge è colpevole addirittura di omicidio. È l'assurda storia di una ragazza poco più che adolescente residente in El Salvador che dopo l'arresto ora è stata condannata da un tribunale locale addirittura a trenta anni di carcere. Il caso della giovane Evelyn Hernandez Cruz ha scatenato dure proteste sia nel Paese dell'America centrale a livello internazionale grazie alla mobilitazioni di diverse internazionale associazioni per i diritti umani fra cui Amnesty Internacional secondo la quale "la legge anti-aborto di El Salvador è una normativa contraria ai diritti umani".

La ragazza era rimasta incinta a 18 anni dopo essere stata violentata nel piccolo viaggio di Los Vasquez, dove viveva con la famiglia ma, come purtroppo spesso accade per paura, non aveva mai denunciato lo stupro. La ragazza inoltre stando al suo racconto, non si era accorta subito della gravidanza in atto e solo nell'aprile del 2016, quando a seguito di forti dolori mentre scuola era stata portata in una vicina struttura sanitaria, ha scoperto di essere incinta. Evelyn è corsa in bagno dove infine purtroppo ha avuto un aborto spontaneo.

Aiutata dalla madre, era stata poi ricoverata presso un ospedale a Cojutepeque. A quel punto secondo la legge locale, le autorità sanitarie hanno avvertito la polizia che ha messo sotto inchiesta la giovane arrestandola con l'accusa di aver provocato l'aborto. La ragazza ha subito un processo e infine condannata a trenta anni di carcere con l'accusa di omicidio aggravato. "Evelyn non ha tolto la vita al neonato, ha attraversato un’emergenza ostetrica e il giudice ha interpretato male i fatti senza ascoltare ciò che sostenevano i testimoni, cioè senza prove dirette accusano le associazioni  pronte a sostenere la giovane  nel processo di appello.

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