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Accordo nucleare con la Giordania, la Russia posiziona un’altra pedina in Medio Oriente

La Rosatom costruirà nel nord del Paese due reattori da mille MW ciascuno per una spesa prevista di 10 miliardi di dollari. L’intesa con Amman segue di poche ore quella similare suggellata con l’Egitto.
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L'energia nucleare arriva in Giordania. Martedì scorso le autorità di Amman, precisamente la Commissione per l'energia atomica nazionale, hanno siglato un accordo con la compagnia russa Rosatom per la costruzione della prima centrale atomica nazionale. L'intesa, che prevede una spesa di dieci miliardi di dollari, porterà alla realizzazione di due reattori – da mille MW ciascuno – per la produzione di energia elettrica e che, secondo i piani, dovranno essere ultimati entro il 2022 ed entrare in operatività nel 2024 e 2026. L'intesa russo-giordana per la costruzione della centrale rappresenta il più grande progetto economico tra i due paesi. Amman deterrà il 50.1 per cento delle azioni (e delle spese per la realizzazione del sito produttivo), mentre il resto sarà del Cremlino.

La centrale, che sorgerà nella parte settentrionale del paese, non solo servirà a supportare le crescenti necessità energetiche del paese, ma potrà anche essere utilizzata per esportare elettricità alle nazioni confinanti come Iraq e Siria. Al momento, secondo le autorità giordane, la situazione energetica del paese è estremamente complicata. Secondo i dati forniti dalla Wna (World nuclear association, associazione che promuove l'utilizzo dell'energia atomica nel mondo e che mette insieme tutti gli attori economici coinvolti nella produzione energetica nucleare) il paese mediorientale è costretto ad importare circa il 95 per cento del suo fabbisogno energetico dall'estero, comportando una spesa per tale acquisto pari al 20 per cento del suo Pil (secondo gli ultimi dati disponibili – 2012 – il Pil giordano è di poco superiore ai 38 miliardi di dollari),  gravando quindi in modo eccezionale sull'economia nazionale. In un momento storico in cui la richiesta energetica nazionale cresce al ritmo del 7 per cento annuo, a causa sia dell'incremento della popolazione sia della crescita industriale.

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Di fatto, secondo sempre i dati disponibili, tutta l'energia elettrica prodotta nel regno di Abd Allah II viene generata da centrali a petrolio o gas, fonti energetiche che proprio nell'area così come a livello mondiale stanno subendo il rialzo dei prezzi ed una particolare instabilità data dalle guerre che insanguinano Iraq e Siria e, più in generale, dalla precaria situazione politica di tutto il Medio Oriente su cui quotidianamente ormai, incombe il pericolo terrorista dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi.

“Com'è noto il nostro paese ha perso i rifornimenti petroliferi provenienti dall'Iraq, il gas proveniente dall'Egitto e a causa di queste mutate condizioni, la Giordania ha dovuto affrontare spese crescenti per il settore energetico pari a 3 miliardi di dollari l'anno – ha affermato Khalid Toukan, presidente della commissione nucleare giordana, all'emittente del Qatar al Jazeera –. L'energia nucleare rappresenta una delle soluzioni utili per far sì che il paese esca dall'attuale totale dipendenza dal petrolio e dal gas straniero. La tecnologia russa che abbiamo scelto per la costruzione delle nostra centrale, al termine di un lungo processo estremamente competitivo tra i vari soggetti internazionali che si sono presentati alla gara, rappresenta la migliore e più vantaggiosa sintesi per il paese sia in termini di produzione energetica che di spesa economica”. Soddisfazione per l'accordo è stata espressa anche da Sergey Kiriyenko, presidente di Rosatom, che ha aggiunto: “Sono lieto sottolineare che la nostra azienda, nonché l'intero comparto nucleare russo, ha accettato con grande interesse l'invito giordano relativo alla costruzione della prima centrale nucleare nazionale. La realizzazione di quest'impianto sarà foriero di future collaborazioni nel comparto atomico, rappresentando al contempo la dimostrazione concreta della partnership strategica tra i due paesi”.

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L'accordo siglato nelle scorse ore ad Amman segue di poco la firma di un altro memorandum d'intesa, avvenuta a el Cairo tra il Presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin ed il suo omologo egiziano Abdel Fattah el-Sisi, e relativo proprio alla costruzione della prima centrale nucleare nella terra dei faraoni. La centrale dovrebbe sorgere nei pressi della città di El-Dabaa, sita nel nord del paese, e la Russia fornirà non solo materiale necessario alla realizzazione del sito, ma anche personale scientifico e tecnico a sostegno della nascente industria nucleare egiziana. A completare il complesso quadro dei movimenti energetici-nucleari compiuti dal Cremlino nel corso delle ultime settimane, si deve ricordare l'accordo per la costruzione di due centrali nucleare in Ungheria e il progetto per la realizzazione di altre strutture atomiche in Iran, in aggiunta alla centrale di Bushehr costruita da Mosca nel 2011. È opportuno sottolineare come gli accordi con Giordania ed Egitto rappresentino la risposta di Mosca alle politiche degli Stati Uniti sia nell'area Mediorientale che in Europa orientale. Così facendo il Cremlino non solo si sta assicurando nuovi alleati, nuovi porti e nuove basi in zone strategicamente rilevanti per i piani di potenza regionale, ma sta di fatto rispondendo alle sanzioni economiche imposte dai paesi occidentali che, ad oggi e dopo la prima fase di contraccolpo, sembra stiano mettendo più in difficoltà l'Europa che la Russia stessa (si ricordino anche le intese energetiche e commerciali tra Russia e Cina, India e Latinoamerica). La natura degli accordi, relativi alla costruzione di centrali nucleari, rappresenta comunque un punto interrogativo dalla difficile interpretazione per le ricadute politiche, militari ed ambientali strettamente legate allo sviluppo e diffusione di tale tecnologia che ha mostrato, in poche ma ferali occasioni, il suo elevatissimo potenziale distruttivo.

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