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Nel Paese in cui si abortisce in un cesso d’ospedale voi parlate di quote rosa

La priorità per le donne qual è, in un Paese che mortifica i diritti acquisiti e normati dalle legge nascondendosi dietro al paravento di medici, farmacisti e infermieri “obiettori di coscienza”? Dobbiamo ancora continuare a parlare di quote rosa o possiamo concentrarci su storie come quella di Valentina?
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Prima di sentenziare sull'aborto, pensa: «E se ci fossi capitata io, in quell'ospedale, anziché Valentina?. E se ci fosse capitata mia madre, mia sorella? E se fosse accaduto ad una mia amica?» Pensa, ancora. Chiediti: abbiamo o no tutti il diritto ad una assistenza sanitaria dignitosa? Puoi capire da te che quanto accaduto a questa ragazza all'ospedale "Pertini" di Roma è allucinante, fuori da ogni concezione di paese civile. Una donna che si ritrova sola, in un bagno d'ospedale, tra atroci dolori, a partorire un feto morto. Una storia di fecondazione assistita, di medici obiettori di coscienza, di Tribunali, di speranze e delusioni, di dolore. In un cesso d'ospedale una ragazza abortisce e non c'è un medico, uno solo, non obiettore di coscienza disposto ad assisterla? Non parliamo di chissà quale luogo lontano, cupo e deserto, parliamo di uno dei principali ospedali della Capitale d'Italia. Altro che quote rosa e poltroncine in Parlamento: la dignità delle donne passa soprattutto dalla cancellazione di queste vergogne. Non è un paese civile quello che consente tutto ciò: ficchiamocelo in testa una volta per tutte.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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