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A Santo Domingo tra i nuovi italiani in fuga: gestori di bordelli, latitanti e falliti

Reportage da Santo Domingo, dove i nuovi “pirati dei Caraibi” sono 40enni italiani senza troppi scrupoli e con molto pelo sullo stomaco che per mandare i figli alle scuole internazionali gestiscono case chiuse travestite da hotel. Ed è arrivata anche la ‘ndrangheta che chiede il pizzo…
A cura di Redazione
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Pirati dei Caraibi. Non è il titolo del celebre film prodotto da Disney e interpretato da Johnny Depp. E' l'amara realtà di Santo Domingo, dove si sono rifugiati migliaia di italiani. Ci sono pensionati in fuga dall'Italia e dai suoi folli costi. Ci sono donne sulla cinquantina che hanno incontrato un giovane amore ai Caraibi e che si sono trasferite lì per inseguire un nuovo sogno romantico, dopo magari qualche fallimento casalingo. Ci sono anche tanti delinquenti in fuga dalle carceri italiane.

Certo, è noto che sulle spiagge di La Romana e Bayahibe hanno trovato rifugio mafiosi ed esponenti della criminalità organizzata riusciti a scappare prima della sentenza definitiva che li avrebbe condannati a decenni di carcere. Ora polizia italiana e polizia dominicana collaborano molto, ma non esistono accordi di estradizione con l'Italia e così sull'isola dei Caraibi si sono rifugiati boss del calibro di Nicola Pignatelli, inserito nell'elenco dei primi 100 latitanti più pericolosi al mondo, e Giovanni Costa, ricercato con l'accusa di aver riciclato milioni di euro di Cosa Nostra. E sempre qui ha vissuto per tre anni, evitando il carcere, Luciano Gaucci e per un certo periodo anche Marcello Dell'Utri, che se ne è andato stanco del clima. Disse: “Mi annoio da morire, ci sono sempre 26 gradi”.

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I quarantenni falliti: sono loro i nuovi pirati

C'è però, un nuovo fenomeno di emigrazione dall'Italia: quello dei quarantenni falliti, di quanti hanno tentato fortuna qui in Italia con aziende e piccole attività che poi la crisi ha spazzato via lasciandoli senza nulla se non il sogno di avere tanti soldi per fare la bella vita. Rimasti con pochi spiccioli e una buona voglia di rivalsa, sbarcano a Santo Domingo spesso con la famiglia al seguito per ricominciare da capo. A raccontarlo sono gli stessi dominicani, allibiti. Perché? Perché se ci si aspetta che un criminale in fuga sia spietato, abituato a violare le leggi e a vivere di espedienti per pagarsi la latitanza, è meno ovvio che lo faccia un giovane quarantenne in giacca e cravatta, cresciuto da una bella famiglia italiana tipo “Mulino bianco”, che la mattina lascia la propria moglie in un lussuoso condominio con piscina e accompagna i propri figli alla scuola internazionale. Sono loro i nuovi pirati dei Caraibi. E lo ammettono candidamente.

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"Sono sincero: sono nella prostituzione"

Dario, il nome è di fantasia, è uno di loro. E' sbarcato dal Nord Italia a Santo Domingo nel giugno 2015 con moglie e due figli piccolini. Ha scelto il nord dell'isoletta, Cabarete, per aprire la sua attività. Quale? Un hotel, che in realtà altro non è che una casa di prostituzione. Dice: “Siamo sinceri perché sinceri bisogna essere nella vita, no? Dico che faccio il costruttore e ho davvero un'azienda di costruzione, ma per il momento vivo sulla prostituzione. Ho un piccolo hotel e la mia clientela è composta essenzialmente da uomini americani della Costa Est, di New York e Boston, e da canadesi, che vengono qui solo per le ragazze. Nel Nord dell'isola arrivano tanti surfisti, perché ci sono anche competizioni internazionali, ma loro alloggiano tutti insieme, fuori dai circuiti. Un albergo non può certo campare su quel tipo di turismo. Gli americani e i canadesi, invece, sono una certezza. Hanno dai 35 anni in su, i più sono sulla cinquantina, hanno una buona disponibilità economica e quello che vogliono è una ragazza giovane e bella che li intrattenga. Nella zona di Bayahibe grazie al turismo di lunga tradizione si vive meglio, al nord dell'isola, invece, c'è tanta povertà e la prostituzione è un buon business per tutti. Le ragazze hanno dai 18 ai 30 anni. Minorenni? Non mi pare, non credo, non chiedo”.

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Eccolo, dunque, il bravo padre di famiglia italiano. Ecco, come paga la scuola internazionale alla sua bimba di 9 anni e l'asilo inglese al suo piccolino. Dario ha però una preoccupazione: “Il guaio è che il governo sta facendo una forte politica anti-prostituzione. Ha cominciato a multare gli alberghi che ospitano le prostitute e a dare aiuti e sovvenzioni alle ragazze madri, che così non si prostituiscono più. La maggior parte delle puttane sono giovani madri che devono sfamare i loro bambini avuti da uomini che poi se ne sono andati. Se dai un lavoro magari alla nonna e un aiuto alla ragazza, quella non si vende più e per noi albergatori sarebbe un bel problema, no? Siamo sinceri, perché bisogna essere sinceri! E insomma, poi come campo io e come campa la mia famiglia? Non sono l'unico italiano che vive così, siamo un po' nel nord dell'Isola! E siamo stati anche dei pionieri… fino a qualche anno fa lì non c'era niente. Del resto il nostro paese non ci offriva più nulla”.

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La cocaina che scorre a fiumi

Debole giustificazione. Mentre parla tira su con il naso, segno che tra le brutte abitudini di Dario forse c'è anche quella della cocaina, che qui scorre a fiumi. La guida, abruzzese, che ci ha condotto in giro per l'isola sorride a sentire Dario parlare e dà il suo spassionato consiglio: “A Bayahibe il 65% per cento dei residenti è italiano, ma è sempre meglio non chiedere a un connazionale che lavoro faccia”. La moglie di Dario, che non si sa se abbia sentito il marito descrivere la sua fiorente attività, interviene: “E' vero. Mai chiedere a un connazionale come si mantenga. E' buona norma. Da quando vivo a Santo Domingo ho legato solo con famiglie russe: loro davvero vengono qui solo perché fa caldo e c'è il sole. I loro interessi restano in Russia e i mariti fanno avanti e indietro con la madrepatria”.

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"In Italia non ho più nulla"

In Italia Giovanna non ha più nulla. Lo ammette con un po' di rammarico, mentre spalma la crema protezione 60 sulle spalle dei suoi due bambini, che nonostante vivano ai tropici non hanno perso quel colorino panna che li classifica ovunque come europei. “L'hanno scorso – dice – ho impacchettato la mia vita, 600 scatoloni, l'ho messa dentro a un container e ho raggiunto Dario per questa nuova avventura. Lui andava avanti e indietro dal 2014, ma per il bene della famiglia è meglio restare uniti. Credevo che gli italiani facessero comunità, ma mi sbagliavo ed è meglio così… In Italia facevo la contabile, ora bado ai bimbi: non è stato facile per loro abituarsi, ogni tanto mi chiedono ancora dei loro amichetti italiani. Avevamo un'aziendina con Dario, seguivo la parte amministrativa. Avevamo una barca, da Genova andavamo spesso in Sardegna e in Corsica. I miei figli sono saliti in barca che avevano pochi mesi. Che bei tempi…”.

Si interrompe e guarda l'orizzonte pensierosa senza togliersi quel mezzo sorriso dalle labbra: “La bimba parla già benissimo lo spagnolo e poi a breve vengono qui i miei genitori a darmi una mano”. Non sempre evidentemente le mogli dei pirati sono felici. Del resto su Facebook, dove ha un profilo molto chiuso, Giovanna scrive: “Voglio solo il meglio per la mia famiglia”. Il suo è un compito difficile.

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E la ‘ndrangheta chiede il pizzo

Giovanny, dominicano, ha iniziato a lavorare con i turisti quando ha aperto il Viva Dominicus, la prima struttura turistica dell'isola costruita a Bayahibe da Colussi, il re dei biscotti. Ha otto figli e un negozietto sulla spiaggia di Bayahibe. Parla benissimo l'italiano. Racconta: “I pirati dei Caraibi come quel Dario stanno al nord, che è la nuova frontiera del turismo. Prima laggiù ci andavano in pochi perché il mare è così così, le onde sono molto alte, ora ci vanno gli uomini soli e i surfisti… In questa parte dell'isola il problema sono i calabresi, quelli dell'ndrangheta. Non i pezzi grossi, che poi la vostra polizia italiana viene ad arrestare, quelli piccoli. Hanno la famiglia a casa da mantenere e fanno soldi chiedendo il pizzo, come farebbero in patria. Non lo domandano mai ai dominicani, ma ai loro connazionali che hanno aperto hotel e ristoranti. Ogni tanto c'è qualche eccezione e osano venire anche da noi… che ne so, se c'è la comunione della figlia da pagare o il matrimonio. Devono dimostrare ai compaesani italiani di avere i soldi e allora diventano pericolosi, perché sono disposti a tutto. In questi casi, però, la nostra polizia ci difende, sempre che si trovi il coraggio di andare a protestare. Io penso che sia meglio pagare mettendo in chiaro che lo si fa una volta e basta. Le riconosci subito le case dei latitanti calabresi: hanno i muri con il filo spinato intorno. Non amano uscire, perché sanno che ogni tanto la polizia italiana si fa un giro quaggiù, tanto per far loro capire che sanno dove sono. Non sono mica tutti come Luciano Gaucci, lui sì che era simpatico, un galantuomo. Fossero tutti come lui, gli italiani che vengono a vivere qui… In spiaggia si facevano delle belle chiacchierate”.

Il meglio di quanto espatriamo a Santo Domingo, in realtà, sono le donne che hanno scelto di rimanere per amore in questi posti incantevoli. Si rimettono in gioco a chilometri di distanza dalla loro Patria per offrire un futuro ai loro figli a volte nati da relazioni avute con dominicani. Questi giovani di seconda generazione della Repubblica Dominicana sono forse il presente cui ripartire.

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