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A Roma sono arrivati altri 101 profughi siriani grazie ai corridoi umanitari

I migranti sono il terzo gruppo arrivato grazie al progetto di corridoi umanitari partito lo scorso febbraio da un accordo tra il governo italiano, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche e la Tavola Valdese. La maggior parte di loro è di origine siriana: vengono da Homs, Aleppo, Hama e Hassaka – vicino Mossul, nei pressi del confine iracheno. Una famiglia, invece, è in fuga proprio dall’Iraq.
A cura di Claudia Torrisi
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Questa mattina sono atterrati a Roma altri 101 profughi provenienti dal Libano. I migranti sono il terzo gruppo arrivato in Italia grazie al progetto di corridoi umanitari partito lo scorso febbraio da un accordo tra il governo italiano, la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche e la Tavola Valdese. L'aereo, un volo Alitalia proveniente da Beirut, è arrivato intorno alle 7 allo scalo di Fiumicino. Subito dopo, i profughi sono stati accompagnati in un'area dedicata, per completare le pratiche di identificazione e registrazione. Poi verranno trasferiti in strutture di accoglienza disseminate in tutta Italia. La maggior parte di loro è di origine siriana: vengono da Homs, Aleppo, Hama e Hassaka – vicino Mossul, nei pressi del confine iracheno. Una famiglia, invece, è in fuga proprio dall'Iraq.

Le storie di chi è partito alla volta del nostro paese sono diverse, ma per certi versi tutte uguali. La Repubblica ha raccolto a Beirut la testimonianza di Kevork Istanbulian, un elettricista armeno nato e cresciuto ad Aleppo, pronto a mettersi in viaggio assieme alla moglie Tamara grazie al progetto dei corridoi umanitari. Lavorava in un'azienda di importazione di materiale elettrico, ma è stato costretto a licenziarsi quando l'impresa è finita sotto il controllo dei miliziani. Ha provato a mettersi in proprio, ma con il passare dei giorni inziava a mancare tutto: beni di prima necessità, l'acqua. Così sono partiti verso il Libano, con il suocero ottantreenne malato di Parkinson. Un giorno è arrivata la telefonata di un amico che aveva saputo dei corridoi umanitari, e hanno fatto richiesta.

"L'Italia – dice Kevork, in un buon italiano appreso negli anni giovanili in cui ha indossato il saio francescano, prima di decidere di toglierselo per contrasti con le gerarchie – era un sogno. E mi sembra incredibile che si sia realizzato. Non dormo da tre giorni".

La maggior parte dei nuclei conta un membro malato o con gravi disabilità. Ci sono in tutto quattordici bambini sui quarantaquattro presenti nel gruppo che hanno bisogno di cure per disturbi o patologie. Dieci di loro non sono partiti con la famiglia, hanno solo la madre al seguito.

In totale, con il progetto di Sant'Egidio e Tavola Valdese, dovrebbero arrivare in Italia circa mille profughi in due anni. Per il momento i trasferimenti stanno avvenendo dal Libano, ma presto si partirà anche da Marocco ed Etiopia.

Il principio su cui si basano i corridoi umanitari è quello secondo cui i migranti dovrebbero poter presentare la richiesta di protezione alle istituzioni dei paesi terzi senza rischiare la vita in viaggi della speranza. Secondo il sito OpenMigration questo è possibile grazie ad alcuni articoli contenuti in regolamenti europei.

Per la precisione, ci sono due articoli della normativa comunitaria sui visti che, letti insieme, sono in grado di aprire spiragli di umanità nella altrimenti inossidabile "Fortezza Europa": il primo è l’art. 5, paragrafo 4, lettera c) del codice delle frontiere  — che prevede la possibilità per gli stati di consentire l’ingresso per motivi umanitari anche a cittadini di paesi terzi che non posseggano i requisiti per l’ingresso alle frontiere esterne.

Il secondo è l’art. 25 del codice dei visti, che riconosce agli stati la possibilità di rilasciare, in presenza di ragioni umanitarie, speciali visti a validità territoriale limitata. In altre parole, grazie a questi due articoli sarebbe possibile per i richiedenti asilo ottenere dei visti speciali per viaggiare in sicurezza verso il paese in cui intendono presentare richiesta di protezione.

"Ormai non è più un esperimento, ma una realtà concreta che consente a persone in fuga dalla guerra e in ‘condizioni di vulnerabilità' (vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, persone con disabilità) di giungere, in tutta sicurezza e legalmente, in Italia senza rischiare la propria vita nel Mediterraneo", si legge in una nota della Comunità di Sant'Egidio.

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