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80 anni fa muore Luigi Pirandello: l’Umorismo, un eterno “sentimento del contrario”

Il 10 dicembre 1936 muore Luigi Pirandello. La sua poetica ha dato voce al sentimento più profondo dell’essere umano, quello del “contrario”. Il suo Umorismo, ottant’anni dopo.
A cura di Federica D'Alfonso
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Luigi Pirandello
Luigi Pirandello

Ottant'anni fa, a Roma, moriva Luigi Pirandello. Premio Nobel per la letteratura, “per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell'arte teatrale”, Pirandello non è stato soltanto uno dei drammaturghi più importanti del Novecento. Egli è stato anche, proprio attraverso la sua drammaturgia, uno dei “teorici” più acuti dell'animo umano. Luigi Pirandello scrive in un'epoca di profondi rivolgimenti e incertezze, in tempi che preparano uno dei più grandi drammi della Storia mondiale. Scrive dopo Friedrich Nietzsche, contemporaneamente a Sigmund Freud e a Henri Bergson, e i suoi scritti appaiono, seppur con geniali e dovute differenziazioni, impregnati di quello spirito che si sta impegnando fortemente per destabilizzare, decostruire se stesso: il sistema di pensiero ottocentesco, insieme a tutte le sfavillanti chimere borghesi, sta andando lentamente in frantumi, e pensatori, filosofi, ma ancor di più l'uomo in se stesso, tentano di dare risposte alla crisi di valori che lo stesso Nietzsche aveva prefigurato.

In questo senso, seppur attraverso la forma romanzata che ha le proprie regole e i propri canoni, Pirandello è stato uno dei pensatori più caratteristici della sua epoca: i suoi personaggi si pongono domande profondamente intime, umane, generali. E per questo Pirandello può essere considerato anche un po' filosofo. Una delle riflessioni più importanti, che in un certo senso racchiude gli aspetti particolari della sua poetica, sintetizzandoli, è quella sull'umorismo: un'intuizione che in Pirandello si trasforma in sistema, che entra talmente a fondo nello spirito umano, da divenire universale, generale. L'eterno sentimento del contrario, ottant'anni dopo non si è assopito.

L'Umorismo: sentimento umano

Dal punto di vista strettamente teorico il pensiero di Pirandello trova la sua più completa formulazione ne “Il Saggio sull'Umorismo” del 1908. Ma tutti i suoi personaggi, da Marta de "L'esclusa" a Vitangelo Moscarda, passando per l'Enrico IV e Donata Agenzi della bellissima commedia “Trovarsi” del 1932, nessuno escluso, rappresentano a loro modo, in diverse storie e circostanze, l'ideale supremo umoristico di Pirandello. Che la sua poetica scaturisca dai suoi personaggi, è evidente anche dal fatto che il Saggio sia dedicato al Pascal, a quell'uomo che per due volte tenta la morte per sconfiggere il paradosso della sua vita.

Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. (…) Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario.

Chi di noi non ha mai provato una sensazione del genere davanti ad una scena simile? Pirandello coglie forse uno degli aspetti più caratteristici dell'animo umano e riesce addirittura ad analizzarlo nella sua inenarrabile complessità: l'identificazione e la compassione nei confronti della persona di cui ci si è presi gioco, compassione ed identificazione che passano attraverso la riflessione per farsi tali. Un processo naturale, complesso, che in quanto generale non si limita alle situazioni particolari: fa parte della vita stessa.

In realtà è proprio la “vita” che in Pirandello si scontra con se stessa e con le forme prestabilite che la regolano: l'uomo, per uscire da un limbo che sarebbe altrimenti rovinoso, si autoinganna, si convince che la vita abbia un senso, che il rapporto con gli altri abbia senso. Una maschera, diventa l'uomo, una maschera di se stesso: ed il “riso e pianto insieme” dell'umorismo diviene l'unica possibilità almeno di narrare tale tragica situazione. Confuso con il sarcasmo, con l'ironia, l'umorismo non è nient'altro che profonda pietà umana: una pietà con la quale Pirandello ha saputo raccontare i propri personaggi, lasciandoli liberi di andare incontro al proprio destino, e allo stesso tempo raccontare l'uomo in generale. L'uomo avvinto, l'uomo tragico: un uomo che forse, non è troppo diverso da quello attuale.

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