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Il 50% degli italiani sente legami con la propria città o Regione, prima che con l’Italia

Secondo il sondaggio Demos rilevato nei giorni 4-6 settembre 2017, il 23% degli italiani sente prima il senso di appartenenza nazionale. Ma l’indagine mostra un’Italia frammentata in tante identità locali, in cui i cittadini guardano prima al legame con la propria città, con la Regione o con la macro-area (Nord, Centro e Sud). Si affaccia un sentimento europeista (8%).
A cura di Annalisa Cangemi
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In Italia è tutta questione di appartenenze e sovrapposizioni culturali, non per forza di sentimenti separatisti e istanze di indipendenza. Questo è il nocciolo dell'ultimo sondaggio Demos sugli italiani condotto per Intesa San Paolo e riportato da Ilvo Diamanti su Repubblica. Nei referendum consultivi per l'autonomia in Veneto e in Lombardia che si terranno tra un mese la richiesta dei cittadini non è quella di staccarsi da Roma, ma chiedono una maggiore autonomia. La differenza è sostanziale.

E lo dimostra proprio l'indagine di Demos: alla domanda posta ai cittadini su quale sentimento di appartenenza prevalesse in loro hanno risposto così: il 23% del campione analizzato si sente prima di tutto italiano, quindi 1 su 4. Invece 2 su 10 si sentono di appartenere in primo luogo alla città, e poi si riconoscono nella propria Regione, in tutto il 12%. Esiste anche un sentimento identitario che si lega alla macro-area, Nord, Centro e Sud. Nel Mezzogiorno il sentimento meridionalista tocca il 22%. L'8% idealmente ritiene di essere europeo, mentre il 18% esprime una concezione cosmopolita, allargando lo sguardo al Mondo.

Il sondaggio fotografa una realtà composita, che come rilevava già il presidente della Repubblica carlo Azeglio Ciampi negli anni Novanta, dimostra che "l'Italia è un Paese di paesi. Unito dalle sue differenze". E non può che essere così, vista la giovane età di uno Stato come il nostro, con appena 150 anni di storia.

Quindi la metà degli intervistati prima di essere italiani si sentono milanesi, napoletani, torinesi, fiorentini. Ma accanto ad un senso di appartenenza "locale", si mantiene la sovrapposizione con il livello "nazionale", che giustificherebbe e spiegherebbe iniziative come quella avanzata dal Veneto, la cui Regione ha approvato lo scorso 29 agosto una legge che obbliga gli edifici pubblici a esporre il vessillo con il Leone di San Marco accanto, ma non in sostituzione, del Tricolore. Un passaggio fondamentale, che al di là del cavillo legale (la legge è stata impugnata dal Governo perché la competenza della materia è appannaggio dello Stato) esprime il desiderio dei cittadini di sottolineare un'identità altra, e non secondaria, rispetto al concetto di patria nazionale.

Per questo Diamanti dà ragione a Massimo Cacciari, che critica la decisione del Cdm di impugnare la legge veneta facendo la voce grossa: "Queste cose non fanno che alimentare le pulsioni di quelli che andranno a votare al referendum". Si inaspriscono gli animi dei cittadini, assicurando una partecipazione massiccia ai referendum, che altrimenti sarebbero stati quasi ignorati come questione politica. E così quando Zaia parla in difesa della norma regionale approvata nella Regione oppone solo la forza del buon senso: "È una bandiera con più di 1000 anni di storia".

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